‘Tra forma e figura’, a L’Aquila una mostra su Fulvio Muzi
Il 12 agosto 1984 moriva Fulvio Muzi. L’artista aquilano, protagonista della scena artistica e culturale abruzzese del Novecento, aveva da poco terminato il murale per l’aula del Consiglio Comunale che gli era stato commissionato per commemorare il 40esimo anno della Liberazione della città dall’occupazione nazista. Da quel 1984 altri quarant’anni sono passati. La ricorrenza ha spinto il Museo nazionale d’Abruzzo a omaggiare l’artista con una mostra realizzata proprio in collaborazione con l’associazione “ArteImmagine Fulvio Muzi” che porta il suo nome. La piccola ma significativa esposizione si sviluppa sui tre dipinti del pittore presenti nelle collezioni del Museo posti in dialogo con alcune opere e diversi documenti inediti, concessi in prestito dagli eredi del pittore.
L’ARTISTA. Nato nel 1915, Muzi ha attraversato, con la sua passione politica e artistica, le intemperie e il clima culturale del suo tempo. Dalla Resistenza greca del 1944 agli anni del dopoguerra membro del Gruppo Artisti aquilani, espositore nella Quadriennale nazionale d’Arte a Roma, poi nella mostra al Castello cinquecentesco Aspetti dell’Arte Contemporanea a cura di Antonio Bandera ed Enrico Crispolti dove, per la prima volta in Europa, furono presentate le nuove correnti artistiche del New Dada e della Pop art di 13 pittori americani.
LA MOSTRA. Nell’omaggio espositivo del Munda, inaugurato ieri nella sede in via Tancredi da Pentima, si ripercorrono i suoi passi. Il nucleo centrale dell’esposizione è la sua attività negli anni Sessanta. Il visitatore si troverà al cospetto di due sezioni completamente diverse nella resa estetica, ma cronologicamente contigue legate da un evidente filo rosso: la figura umana al centro dell’universo artistico del pittore. Si vuole, così, porre l’attenzione su un decennio di dura e cupa riflessione politica e sociale, particolarmente fervido nel percorso del pittore caratterizzato da interessanti sperimentazioni nell’ambito dell’Informale e della Pop art che, poi, lascerà spazio negli anni Settanta a una fase di realismo visionario con la rappresentazione di figure sospese nel vuoto, corpi nudi in caduta e a un filone di ricerca legato al paesaggio locale. L’esposizione è stata presentata dai curatori Federica Zalabra, direttrice del Munda, e Paolo Muzi, figlio dell’artista, è inserita nelle Giornate europee del patrimonio 2024. “L’idea della mostra”, ha commentato Zalabra, “è partita proprio dalle tre opere di Muzi che abbiamo in deposito. Siamo intervenuti con una serie di azioni di recupero e restauro. Poi, intorno a queste tre abbiamo costruito il resto della mostra grazie all’aiuto dell’associazione Muzi e degli eredi. Noi andremo quindi a raccontare un periodo della vita di Muzi non molto conosciuto dal punto di vista artistico che parte dagli anni Sessanta, quindi un periodo di sperimentazione e un periodo di prove che Muzi ha compiuto intorno alla sua arte, sulla scia di quel fermento culturale di respiro internazionale che era presente all’Aquila allora. Faremo riferimento – ha aggiunto – a due distinti filoni di ricerca legati al suo percorso artistico di allora, lo studio della materia e della figura con declinazioni diverse: dall’informale, con materia corrusca, piena di pennellate violente, con un colore bituminoso, giustapposto a una ricerca più piana che, invece, si avvicina al mainstream dell’epoca che era quello della pop art”. L’esposizione resterà allestita fino all’8 dicembre.
L’APPELLO. Al pittore, nel 1999, venne intitolato l’Istituto d’Arte dove aveva insegnato molti anni. La sede dell’Istituto, a quindici anni dal sisma, è gravemente danneggiata e le opere sono alla mercé di chiunque. “Mio padre”, ha ricordato Paolo Muzi, “faceva parte di una generazione che si è contraddistinta per l’impegno artistico e civico. Questa mostra racconta gli anni in cui nacquero e si svilupparono il Tsa, la Barattelli, i Solisti Aquilani, l’Accademia delle Belle Arti, l’Università, il Conservatorio, ossia le principali istituzioni di questa città. Ci piacerebbe, dunque, portare avanti un appello civico volto al recupero dell’edificio scolastico che fino al 6 aprile 2009 ha ospitato l’Istituto”.