Barone: “Torno tra i miei bambini in Congo, minacciati dalla guerra”
Alla vigilia della partenza per la 61esima missione umanitaria in Congo, abbiamo intervistato Francesco Barone. Abruzzese, originario di Bussi (Pescara) è presidente di Help Senza Confini onlus e autore di 60 missioni umanitarie in Ruanda, Burundi, Senegal, oltre che nella Repubblica Democratica del Congo
Quali sono gli interventi programmati per la prossima missione?
Intendiamo proseguire con gli interventi avviati nei precedenti anni. Gli aiuti umanitari interesseranno gli orfanotrofi Mama wa wote e Flamme d’amour, le strutture sanitarie che curano i bambini e gli adulti che vivono in condizioni di povertà, il Centro KWETU per quanto concerne i progetti di scolarizzazione rivolti a circa mille bambini e bambine. Inoltre, consegneremo cibo e medicinali nei campi profughi che si trovano attorno alla città di Goma.
Qual è l’attuale situazione del Nord Kivu?
La situazione è critica. Continuano le violenze da parte del gruppo ribelle M23 e di altre milizie nei confronti di persone innocenti. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una drammatica evoluzione del conflitto. Sono molte migliaia le persone costrette a fuggire dai loro villaggi a causa di numerosi saccheggi, trovando poi rifugio nei campi profughi. Il sistema sanitario è quasi al collasso. Numerose donne sono state violentate. Bambini, donne e uomini vivono in capanne coperte da teli di plastica. Sono abitazioni di fortuna dove si vive scappando dalle torture e dalle violenze per finire nell’abbandono.
Quali sono a suo avviso le cause del conflitto che dura ormai da molti anni?
La parte orientale della Repubblica Democratica del Congo è ricca di risorse naturali, quali: coltan, cobalto, oro, uranio. Nella regione del Nord Kivu alcuni minerali sono particolarmente appetibili per la costruzione di batterie e strumenti tecnologici come computer, tablet e cellulari. Purtroppo questa drammatica situazione non sta riscuotendo l’attenzione che merita a livello internazionale. Si tratta dell’ennesima dimostrazione delle logiche economiche che prevalgono e che sfruttano i luoghi e le persone senza alcuna esitazione; è la dimostrazione delle profonde ingiustizie e disuguaglianze che influenzano le opportunità iniziali della vita, perciò quando si fa riferimento alle nozioni di valore e di merito, le ingiustizie e le disuguaglianze non possono meritare alcuna giustificazione.
Si può ancora essere ottimisti di fronte a questa realtà?
Per sperare che le cose cambino non si può che essere ottimisti. Il cambiamento potrà esserci mettendo in atto interventi concreti e non soffermarsi alle dichiarazioni di intenti. Cibo, acqua, istruzione, garanzia dei diritti, salute, lotta alla corruzione, sono le parole chiave per favorire lo sviluppo di un continente a lungo sfruttato. Porre l’accento su questo aspetto, significa richiamare l’attenzione di coloro che governano il mondo e assumerci la responsabilità di fronte alle ingiustificabili forme di disuguaglianze e vulnerabilità. Bisogna avere la consapevolezza che in alcune parti del pianeta, gli esseri umani non sono persone e viceversa. Vittime di incertezze esistenziali stiamo diventando testimoni muti di una crescente e dilagante prevaricazione nei confronti dei più poveri e fragili.