“My Love Will Not Let You Down”, la promessa (mantenuta) di Bruce
22 Maggio 2023 Condividi

“My Love Will Not Let You Down”, la promessa (mantenuta) di Bruce

Sono da poco passate le 19 e i 60mila del Circo Massimo si stanno godendo quei dieci minuti che il sole ha concesso dopo un pomeriggio pieno di rovesci. I tre maxischermi del palco si accendono annunciando che da lì a pochissimo saliranno uno a uno i membri della E Street Band. L’inquadratura poi arriva su Bruce Springsteen, indugiando sulla chitarra. Partono le prime note di “My Love Will Not Let You Down”, canzone scelta tra le opener consuete di questo tour, la sua promessa oltre pioggia e fango. La sua risposta in musica a giorni di polemiche che hanno accompagnato il suo concerto di Ferrara. Il suo modo di infrangere il silenzio.

Ecco “Death to my Hometown” che si arricchisce di tamburi e fiati da fanfara, seguita dall’energia di “No Surrender”, Poi arrivano in sequenza “Darkness on the Edge of Town”, “Promise Land”, prima di una versione travolgente di “Kitty’s Back”. Springsteen si riprende il ruolo di chitarra solista, con il suo stile aggressivo: Little Steven sul palco cura le ritmiche e le backing Vocals. A Nils Lofgren, il chitarrista che umiliò un giovane Springsteen e la sua band al primo concerto della carriera a San Francisco, si abbandona a uno dei suo assoli da super virtuoso solo in “Because The Night”, che continua ad essere uno dei momenti più intensi del concerto. “Nightshift”, pescato dal recente album di cover soul “Only The Strong Survive”, aveva fatto storcere la bocca a più di un fan: dal vivo il brano dei Commodores diventa una celebrazione della Black Music con i coristi a disegnare vocalizzi. “Mary’s Place” e l’amatissima “E Street Shuffle” precedono il primo momento di pausa, con l’acustica “Last Man Standing” dedicata al fondatore dei Castiles, la prima band di Bruce, George Theiss, morto nel 2018.

Sui maxischermi, appare in italiano la trascrizione del suo ricordo. Bruce aveva stava imparando a suonare la chitarra e George aveva una band tutta sua, i Castiles. Grazie all’intercessione della sorella, George gli propone di suonare con loro e la cosa funziona per tre anni. Il racconto va avanti di altri cinquanta: le parole di Springsteen disegnano il letto di morte dell’amico nella mente di chi ascolta. Parole che sanno trascendere. “Quando sei avanti negli anni ti senti di camminare su un lungo binario e a un certo punto vedi lontano una luce bianca venirti incontro. Ma più si avvicina più tutto è illuminato. L’ultimo regalo della morte è una visione più ampia della vita”.

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E poi ancora: “ A 15 anni ci sono tanti ‘domani’ e ‘arrivederci’, ma andando avanti ci sono sempre più ‘ieri’ e ‘addii’. Tutto questo mi ha fatto comprendere quanto si importante vivere ogni momento, quanto sia importante approfittare di ogni istante, anche se talvolta questo lo si dice come un cliché. Quindi siate buoni con voi stessi, verso coloro che amate, e verso il mondo in cui viviamo”. Si apre così una sequenza narrativa che raggiunge idealmente il pezzo di congedo, “I’ll See You in My Dreams” dove tra i versi spuntano quella chitarra conservata accanto al letto, insieme ai libri letti e i dischi preferiti”. Tutto conservato gelosamente, “come ogni istante di vita insieme che porto nel cuore”.

C’è spazio per una sequenza di classici “She’s The One”, “Badlands”, aperta da uno dei più iconici fill di batteria di sempre, “Thunder Road”, con l’intera prima strofa cantata in coro dal pubblico, “Born In The Usa” dove Max Weinberg sprigiona tutto il suo virtuosismo da erede dei grandi batteristi da Big Band, “Born To Run”, “Bobby Jean”. Il concerto si avvia alla fine: in “Glory Days” rinasce la coppia da cabaret Springsteen-Van Zandt, “Dancin’ In The Dark”, “Tenth Avenue Freeze Out”, con le immagini di Clarence “Big Man” Clemons e di Danny Federici, i due componenti storici che non ci sono più. Si chiude, dunque, con Springsteen da solo con la chitarra a salutare i fan innamorati con “I’ll See You in My Dreams”. Poco meno di tre ore con la E Street Band con i vecchi amici Roy Bittan piano e sintetizzatori, Nils Lofgren chitarra e voce, Garry Tallent basso, Stevie Van Zandt chitarra e voce, Max Weinberg batteria, Soozie Tyrell violino, chitarra e voce, Jake Clemons sassofono, Charlie Giordano tastiere cui si aggiungono le sezioni di fiati e i quattro coristi. Certo, la voce risente dei segni del tempo, ma il tiro è pressoché intatto. Tre ore di spettacolo di qualità che si aggiungono alla buona performance in apertura dei White Buffalo (acoustic-country ben strutturato) e alla sorprendente prova di Sam Fenders (sentiremo a lungo parlare di lui).

Parterre d’eccezione sotto al pit del Circo Massimo (e senza “Roll call”). Tra gli ospiti internazionali Sting, Chris Rock, Lars Ulrich dei Metallica, Nick Mason, Nick Cave e Woody Harrelson. Tra il pubblico molti anche gli italiani: Thomas dei Maneskin, Edoardo Leo, Luca Marinelli, Giuseppe Battistini, Aiomone Romizzi dei Fask, Carlo Calenda ed Eleonora Daniele.

Certo, tra i tanti “Roma! Roma! Roma”, per qualcuno non sarebbe guastato un “Romagna”. Ma dichiarazioni di circostanza a volte lasciano il tempo che trovano. A volte è meglio tacere e lasciar parlare la musica.

di Fabio Iuliano – fonte: TheWalkofFame.it

SCALETTA CONCERTO

MY LOVE WILL NOT LET YOU DOWN
DEATH TO MY HOMETOWN
NO SURRENDER
GHOSTS
PROVE IT ALL NIGHT
DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN
LETTER TO YOU
THE PROMISED LAND
OUT IN THE STREET
KITTY’S BACK
NIGHTSHIFT – COVER DEI COMMODORES
MARY’S PLACE
THE E STREET SHUFFLE
LAST MAN STANDING
BACKSTREETS
BECAUSE THE NIGHT
SHE’S THE ONE
WRECKING BALL
THE RISING
BADLANDS
THUNDER ROAD

BORN IN THE U.S.A.
BORN TO RUN
BOBBY JEAN
GLORY DAYS
DANCING IN THE DARK
TENTH AVENUE FREEZE-OUT
I’LL SEE YOU IN MY DREAMS

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