Il nostro è un ritorno tra i peggiori bar della zona, ossia in quei locali in cui si respira ancora un’atmosfera che sa di autentico, in una notte in cui si contano i segni e ci si riconosce anche da estranei. Quei segni che ritrovi nei taccuini aperti sulla parete di fronte al bancone del Caffè Cloè, alla fine di Corso Federico II, e non lontano da quello che una volta era il cinema Massimo, una delle migliori sale del capoluogo.
La notte non è una notte qualsiasi è quella del venerdì con protocollo piuttosto semplice, aperitivo cenato più dopocena a file sciolte con due punti di riferimento, la consolle del dj di turno e il bancone stesso. Fin qui niente di particolare. La novità sta nella formula introdotta da gente come Marcello Di Giacomo, Niko Gizzi e Francesco Maria Narducci: pochi accorgimenti per creare l’illusione ottica di un deja vu, un tuffo in un passato addomesticato in cui flash dagli anni Settanta, Ottanta e Novanta rivivono nella coscienza stimolata da un gin tonic o un whiskey e coca.
Giorni lontani in cui il centro storico aquilano vedeva nel primo pomeriggio i giovanissimi fare avanti e dietro sul corso Vittorio Emanuele II e per le vie limitrofe. Dalle 18 era già la volta dei più grandi, un avvicendamento regolato da una legge mai scritta. Oggi, sono prevalentemente i più giovani a tirare tardi, specialmente il sabato. Le nuove generazioni hanno di fatto cambiato il modo di vivere e guardare la città. Techno, trap e reggaeton riempiono le dancehall, lasciando a molti la nostalgia di un sogno interrotto, con tanto di colonna sonora dedicata. L’AperiBoomer nasce nel tentativo di colmare questo vuoto, un luogo dove gente over trenta ritrova la propria musica, oltre a quei segni tipici di un passato che ritorna.
Facciamo un piccolo identikit: il target primario sono proprio “Boomer” ossia quelli nati tra il 1945 e il 1966, una generazione che ha decisamente plasmato il mondo come lo conosciamo oggi. Molti di loro hanno già raggiunto la pensione e godono di parecchio tempo libero, mentre altri hanno ancora diversi anni di lavoro davanti a sé. Il salario è solitamente decente: parliamo di una clientela che non puoi certo permetterti di ignorare. Non solo, malgrado il nome, l’AperiBoomer è anche appannaggio della Generazione X, locuzione diffusa per descrivere i nati tra il 1965 e il 1980, quelli forgiati da eternit, conservanti, fumo passivo, guida in auto senza cintura, in moto senza casco, Chernobyl, per non menzionare i disastri più recenti. Per le 20.30 il locale è riempito a dovere e si può scegliere se fare l’aperitivo a base di carne o pesce.
Parte il riff acustico di Moonlight Shadow ed è già doppia libidine servita in bicchieri da staffetta dalle bariste con sorrisi standard da scrutatrici non votanti. Il dj di turno è già al lavoro e ha più verve di Billo – Jerry Calà. Ce n’è per tutti i gusti. Prince, i Rem, i Duran Duran e gli Spandau Ballet si alternano a ballate Italo-disco con testi non sempre di senso compiuto, cantati in (o spacciati per) lingua inglese. Non è il caso di “Disco Bambina”, di una giovanissima Heather Parisi (1979). Ma la playlist è varia e qui con la Siae non ci sono problemi di sorta, siamo in un sogno vintage, non nel Metaverso. Ecco “Rumore” (Raffaella Carrà, 1974), “Zodiacs” (Roberta Kelly, 1977), “One For You, One For Me” (La Bionda, 1978), “Baby I love you (Easy Going, 1978), “Body to body” (Gepy & Gepy, 1979) e “Gianna” (Rino Gaetano, 1978). A queste si aggiungono “Un’estate al mare” (Giuni Russo, 1981), “Nell’aria” (Marcella Bella, 1983), “Mentre la tv” (Tropicana, 1983) e “Fotoromanza” (Gianna Nannini, 1984).
L’attenzione al dettaglio si diceva. Chiudi gli occhi e ti sembra di essere al Mythos o davanti al Caffè Cavour in una delle serate ante-sisma. Li riapri e ti ritrovi Diego Madrucciani a far girare il bancone, con il supporto del titolare del locale, Simone D’Alessandro, e delle scrutatrici non votanti. Un vero tocco di classe, alla pari del giubbino di pelle con scritto “Boomer” sulla schiena che si vede girare per il locale. È tutto? Manca il colpo di grazia incarnato in un completo scuro, giacca e pantaloni, e t-shirt di ordinanza. Risponde al nome dello stesso Marcello Di Giacomo, cinquantenne “sempreverde”. I suoi “Diari di notte” mettono nero su bianco la storia di una comunità che non c’è più. Un passato che si è fatto terra straniera nel giro di una notte maledetta. Dopo, molto altro è successo. Però in maniera diversa. Una storia che riparte da qui, dall’AperiBoomer.