Guerra e ricostruzione raccontate nelle opere degli artisti ucraini
La chiesa sconsacrata del convento di San Francesco a Fontecchio ha uno spazio dell’altare usato come deposito del vecchio ristorante. L’unico modo per guardarvi dentro è quello di saltare su un tappeto elastico che Lucy Ivanova, artista di Kiev, ha allestito a ridosso delle barriere. Dalla grande tovaglia rossa che ricopre il tappeto sbuca la testa del curioso di turno. Ecco The last supper (L’ultima cena) che affianca il corpo di dipinti The Third Son (Il terzo figlio): una contemporanea pala d’altare, che nello stile rimanda agli affreschi della chiesa, richiama proprio il più recente utilizzo del convento come ristorante.
RESIDENZA ARTISTICA Lucy, 33 anni, è una dei 5 artisti individuati per una residenza invernale nel borgo aquilano tra una rosa di nomi proposti da Solomia Savchuk del Mystetskyi Arsenal di Kiev e curatrice della raccolta “Ucraina” di Imago Mundi Collection e Maria Lanko, co-curatrice del Padiglione Ucraina all’ultima Biennale d’Arte di Venezia. La relazione tra le distruzioni della guerra e quelle del terremoto. Il coraggio di rialzarsi e ricostruire. La speranza che tutto questo non succeda mai più. L’evocazione del dialogo tra i popoli per un futuro di pace. Il diritto alla libertà. Questi alcuni dei temi delle opere realizzate ed esposte lo scorso e il prossimo weekend al convento (con orario 11-17). Le opere di Lucy sono site-specific, così come quella di suo marito Yehor Antsyhin, 34 anni, che l’ha raggiunta dopo poche settimane. Non torneranno in Ucraina, ma andranno a Vienna in tempo per veder nascere loro figlio che la giovane artista porta in grembo. «È la nostra speranza, il nostro futuro», dice Lucy, che non nasconde di aver convissuto con sensi di colpa per essere andata via dalla sua terra, ma anche con la consapevolezza di aver avuto la fortuna di respirare l’aria pulita di questo paese medievale. «Ci dispiace un po’ lasciare questa piccola grande famiglia», ammette. Presenti all’inaugurazione Bartolomeo Pietromarchi, direttore Maxxi L’Aquila, Enrico Bossan, direttore artistico Fondazione Imago Mundi, la curatrice Savchuk, e ancora Valeria Pica, coordinatrice delle residenze con Eleonora Farina dell’ufficio curatoriale del Maxxi. Ad accogliere i visitatori anche Sabrina Ciancone, sindaco di Fontecchio. «Esperienze come questa», sottolinea, «dimostrano anche che un piccolo Comune di 300 anime può fare la sua parte davanti a problemi epocali».
ARTISTI E OPERE La relazione tra Ucraina e Italia è fortemente presente nelle opere esposte, come nel dipinto Holding the rock (Sorreggere la roccia) di Antsyhin, che, seduto accanto alla sua Lucy, ribadisce: «Durante la residenza ho avuto una forte sensazione di somiglianza tra italiani e ucraini. Questa somiglianza è nel sostegno reciproco delle persone e nel duro lavoro per il ripristino di ciò che è stato distrutto, indipendentemente dal modo in cui è stato fatto». Il corpo di lavori Cosa farò con questa pietra di Olena Turyanska, di Leopoli (fotografie, testi, audio, un’installazione di sale e un’altra che evoca una finestra aperta sul paesaggio abruzzese) parte da una riflessione sulla prospettiva di Leon Battista Alberti per indagare la realtà storica e sociale del territorio di Fontecchio. È ancora il borgo al centro delle opere frutto dell’eclettica creatività di Petro Ryaska, raggruppate sotto il titolo With the right of exhibition along the roads of sheep paths (Con il diritto di esposizione lungo le strade dei tratturi). Foto, video, testi, poesie, disegni, documentazione di azioni svolte nello spazio pubblico, performance-dipinti. È invece una richiesta di potente impatto quella di Andriy Sahaydakovskyy,artista di Leopoli che, in primo piano sul tappeto che usa come tela, traccia una scritta in nero in lingua ucraina fatta con stencil: è la parola Dialogo che evoca la relazione silenziosa e difficile con l’assurda realtà della guerra oggi e ripone nello scambio con l’altro tutta sua fede per un futuro sereno e felice.
MAXXI L’AQUILA. Dopo otto mesi si è conclusa Afterimage a Palazzo Ardinghelli che da aprile ospiterà opere di Marisa Merz e Shilpa Gupta.
di Fabio Iuliano – fonte: il Centro