Omicron, il nodo scuola / 3
«Oggi felice come Maria Antonietta prima della decapitazione». Sui social si scherza, si esagera, si esorcizzano le paure e si addomesticano le difficoltà. E frasi “rassicuranti” come questa compaiono tra le bacheche degli insegnanti, tornati a scuola dopo le vacanze di Natale, i due giorni extra di stop previsti dall’ordinanza regionale e le 24 ore di chiusura ulteriori per neve. Ieri la prima campanella, tra varie difficoltà, nel tentativo di sperimentare sul campo le parole pronunciate lunedì dal premier Draghi nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi. «Ai ragazzi si chiede di stare a casa, poi fanno sport e vanno in pizzeria? Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto», ha detto, «ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non ci sono i motivi per farlo». Ma se sulla carta quest’affermazione non fa una piega, il principio si scontra con un sistema scolastico che fa riferimento a una serie di restrizioni e regole connesse al sistema di tracciamento, tali da rendere molto difficile la didattica in presenza a causa dell’esistenza di numerosi casi di contagio.
Il primo giorno è stato caratterizzato dalle problematiche legate alla diffusione del virus tra studenti e personale scolastico, ma anche dalle incombenze burocratiche legate all’applicazione delle recenti circolari diffuse dai dirigenti scolastici, che ricalcano le indicazioni arrivate a livello nazionale.
«È stata una giornata particolarmente difficile per il personale amministrativo delle scuole», valuta Miriam Del Biondo, segretaria Flc-Cgil L’Aquila. «Hanno dovuto gestire le situazioni legate ai casi di contagio tra gli studenti – con relative richieste di didattica mista sia in classe che a casa – e dei docenti, cercando di attivare le procedure di sostituzione, in un momento in cui è sempre più difficile trovare supplenti».
Guardando in prospettiva ai prossimi giorni, quando potrebbero emergere contagi nelle aule, si studiano le normative. Il polo scolastico di Colle Sapone è comunque tornato a riempirsi, anche se i numeri non sono quelli soliti. I vigili urbani al lavoro per smistare il traffico veicolare, ma gli autobus hanno viaggiato semivuoti.
All’ingresso dei vari edifici i dispositivi di sicurezza (gel per le mani, mascherine usa e getta e tablet per controllare il Green pass). Alcune scuole hanno avuto in dotazione gratuita alcune tipologie di mascherine chirurgiche finalmente ben diverse da quelle distribuite fino ai mesi scorsi «buone per travestirsi da Bunny il coniglio», per dirla con le parole di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania.
Nodo delicatissimo, quello delle scuole dell’infanzia. «Molti genitori», riprende Del Biondo, «hanno scelto di tenere i bambini a casa».
Preoccupazione da parte dello Snals, rappresentato dalla segretaria provinciale, Maria Rosaria Lupi. «Da docente di lettere prestata al sindacato», sottolinea, «non posso che essere a favore della didattica in presenza. Ma, nella situazione in cui ci troviamo, insieme alla segreteria regionale ci siamo sentiti di rivolgere un appello al presidente Marco Marsilio per restare in dad in queste prime settimane. La didattica a distanza non è certo la soluzione del problema che, in questi due anni, non è stato affrontato con opportuni interventi organizzativi e strutturali. I problemi restano pressoché invariati sin dalla prima emergenza. In merito al vulnus dei trasporti nessuno sembra dare soluzioni adeguate», prosegue Lupi. «Inoltre, ci sono volute delle azioni sindacali, tra conferenze e manifestazioni di protesta, per mantenere l’organico Covid. Ben vengano, poi, gli screening, ma è poi così difficile organizzare una campagna di tracciamento più capillare, scuola per scuola? Purtroppo», conclude, «assistiamo alla nostra istituzione scolastica trasformata sempre più in una sorta di parcheggio per bambini e ragazzi».
di Fabio Iuliano – fonte: il Centro
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