Il canto della rinascita, “d’acqua e di pietra”
Il canto della rinascita “d’acqua e di pietra”, ma soprattutto nel segno del fuoco che arde a Collemaggio, al termine di un cammino di otto giorni, dall’eremo celestiniano di Sant’Onofrio a Sulmona sulla strada che Pietro Angelerio affrontò alla fine di agosto del 1294, per arrivare all’Aquila e vestire le insegne da Papa. Nel segno del fuoco, come quello che ha oltraggiato le nostre montagne, lasciando una ferita ancora aperta negli occhi degli aquilani. Non a caso, l’accensione del tripode della Pace a Collemaggio, è stata affidata al capitano Glauco Perilli del IX reggimento alpini, Marco Di Girolamo, volontario della Protezione civile, e Giorgio Lucci, vigile del fuoco, come omaggio simbolico all’impegno per contrastare l’emergenza incendi. «Un fuoco che sa di storia, di fede, di identità», ha detto il sindaco Pierluigi Biondi, prima di dichiarare aperta la 726ª edizione. «Un fuoco che accarezza l’anima della nostra comunità. Una comunità che ha molto sofferto e che nel dolore ha trovato la forza di reagire e rinascere e che sta affrontando con consapevolezza e grande senso di responsabilità l’emergenza sanitaria, anche in occasione delle celebrazioni della Perdonanza».
GUARDARE OLTRE. Ma i colori, le immagini e gli accordi della serata inaugurale sono il segno che la festa del Perdono sa guardare oltre qualsiasi emergenza. Neanche 11 anni fa, nell’anno più duro della storia recente che questa città ricordi, i cittadini rinunciarono a varcare la loro Porta Santa. «Alla distruzione insensata del fuoco che provoca angoscia e sofferenza», ha detto ancora il primo cittadino, «oggi rispondiamo con il fuoco che segna il “cammino del Perdono”, come l’Unesco ha definito il fuoco del Morrone nell’articolata motivazione alla base del riconoscimento della Perdonanza come patrimonio immateriale dell’umanità, un riconoscimento che incornicia un altro obiettivo impegnativo che ci siamo prefissati, tanto che la basilica di Collemaggio ne costituisce il logo: il progetto per la candidatura dell’Aquila a capitale italiana della cultura 2022». Un messaggio supportato dalle parole del presidente della Provincia Angelo Caruso e del presidente della Regione Marco Marsilio, i primi a salire sul palco, insieme alla conduttrice Lorena Bianchetti. Parole dalla forza amplificata dal cardinale Giuseppe Petrocchi: «Il fuoco è un fenomeno avvincente: ma le fiamme possono guizzare e protendersi in molte lingue perché c’è un combustibile che le alimenta. Il fuoco si accende e arde perché c’è un supporto che brucia e si consuma. Esaltare il fuoco della Perdonanza significa dare valore all’anima celestiniana che lo genera, soprattutto nella dimensione dell’amore che sa portare cristianamente il peso delle difficoltà quotidiane».
I SEGNI DI QUESTO TEMPO. «Quest’anno possiamo prendere l’impegno a vivere, con carità evangelica, i numerosi disagi e gli inconvenienti legati alla pandemia da Covid-19», ha detto ancora l’arcivescovo, mentre la fiaccola, scortata dal gruppo del Movimento celestiniano, guidato da Floro Panti, si avvicinava al palco allestito davanti alla basilica. «Ciò comporta accettare con prontezza le privazioni imposte dalle circostanze, facendosi carico, con pazienza, delle rinunce e dei fastidi provocati dalla lotta contro questo temibile contagio. La disciplina civica, se risponde a regole giuste, è una virtù: umana e cristiana». Regole comunque metabolizzate dagli organizzatori, dal pubblico e dal servizio d’ordine nella serata inaugurale. Poi l’invito del cardinale alla preghiera per le vittime del contagio e per le loro famiglie, oltre all’appello all’attenzione verso le persone che attraversano gravi difficoltà: «Pensiamo agli operai, agli artigiani, ai commercianti, agli impiegati, ai professionisti, agli imprenditori che hanno subìto seri danni economici nello svolgimento delle loro attività».
I MIGRANTI. In un momento che vede i migranti nel mirino, anche in un contesto di paure e odio sociale, Petrocchi si è sentito di sottolineare la necessità di «aprire il cuore pure a quanti bussano alle nostre porte, provenienti da paesi lacerati da guerre e devastati dalla povertà, nella convinzione che la questione fondamentale da affrontare non è “se” aiutarli, ma “come” aiutarli».
MUSICA E PAROLE. Poi lo spettacolo, coordinato da Leonardo De Amicis, anche nella veste di direttore dell’orchestra del Conservatorio. Sul palco Fausto Leali, con “Io amo” e “Io camminerò” (successo che porta la firma di Umberto Tozzi) e con “Il mio canto libero” di Battisti. Marco Masini ha cantato “Il Confronto”, “Disperato”, T’innamorerai” e “Ci vorrebbe il mare”. Loredana Bertè ha proposto “Non sono una signora”, “Il mare d’inverno” e “Cosa ti aspetti da me”. Ron, Alberto Urso, Leo Gassmann, oltre all’attore Giorgio Pasotti tra gli altri protagonisti.