Il digital (che) divide nelle scuole
«Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali». Antonio Lattanzi, dirigente dell’istituto comprensivo San Demetrio- Rocca di Mezzo prende in prestito una massima di don Lorenzo Milani per descrivere le difficoltà che vive il comparto scolastico a seguito della sospensione delle attività didattiche in presenza.
I DISAGI. Aule chiuse, impossibilità di poter vedere i nonni, genitori che devono comunque adempiere agli obblighi lavorativi, elaborazione del dolore collettivo. Le sollecitazioni per gli alunni di ogni età sono moltissime, in un momento in cui la sola didattica a distanza non può certo costituire una risposta a una serie di dinamiche dal punto di vista sociale e psicologico. «I livelli di lettura sono tre», valuta Ilaria Carosi, psicoterapeuta e mamma. «Stiamo innanzitutto assistendo a uno spaccato sociale che vede genitori in difficoltà nel combinare la gestione del lavoro e la possibilità di seguire i figli. Sul nostro territorio sono tante le famiglie economicamente o emotivamente in difficoltà e la scuola è da sempre stata il luogo dove cercare di mettere tutti nella stessa situazione di apprendimento. Infine, il pericolo è anche legato alla dipendenza dei figli dai dispositivi digitali».
IL DIGITAL (CHE) DIVIDE. Ma è proprio l’aspetto legato al digitale a costituire ulteriore motivo di disuguaglianza. All’istituto coordinato da Lattanzi fanno capo alunni che vivono in borghi di montagna. «Altro che fibra», sottolinea il dirigente. Il suo istituto ha comunque sfruttato le risorse messe a disposizione dal ministero per fornire tablet e pc alle famiglie indigenti. «Siamo partiti dalle medie e ora contiamo di andare avanti fino alla primaria e all’infanzia».
Iniziative analoghe sono state portate avanti dal Cpia e dal dirigente del Liceo Classico, Serenella Ottaviano che ha chiesto e ottenuto l’intervento della Guardia di finanza per raggiungere le famiglie che vivono nei paesini più distanti. «Conosco tante mamme come me», rivela Alice Di Prospero, mamma e assicuratrice, «che hanno difficoltà a seguire le attività proposte dalle varie piattaforme, perché i genitori lavorano e non possono assistere. E anche con lo svolgimento dei compiti hanno molti problemi. I bambini fanno fatica a seguire e fanno capricci e sono tanti i genitori stanchi e demoralizzati».
INCLUSIONE. Uno dei nodi è legato all’impossibilità di garantire didattica inclusiva. «Il nostro sindacato», spiega Barbara Di Sabato (Snals), «ha ricevuto numerose segnalazioni da parte di insegnanti costretti a turni di lavoro estenuanti. Difficile anche interagire con ragazzi disabili o Bes». Può confermare le circostanze Dario Verzulli (Abruzzo Autismo Onlus). «Siamo in contatto con famiglie stremate, sottolinea, «come quel padre che giorni fa ha visto suo figlio rischiare di cadere dal balcone mentre era assente. Prima questo papà, che ha perso la moglie, poteva contare sul supporto di educatori, associazioni e assistenti. Un’altra famiglia che seguiamo in Abruzzo vede il padre al lavoro all’ospedale Covid e la madre fuori sede. Mi auguro che si possa arrivare all’assistenza domiciliare».
RISCHIO DISPERSIONE. Mentre Miriam Del Biondo (Flc-Cgil) sottolinea l’impegno delle scuole nella didattica a distanza, Fiorella Tortiello (Cisl) punta l’accento sul «mancato diritto alla disconnessione degli insegnanti chiamati invece a lavorare spesso extra-orario. Siamo inoltre preoccupati per la dispersione: l’anno scolastico prossimo registrerà 1.601 alunni in meno in Abruzzo, di cui 316 in provincia dell’Aquila e 233 nelle sole scuole superiori».