Lithium 48, Cristicchi e la felicità declinata
Lunedì scorso, Lithium 48 ha compiuto due anni esatti dalla pubblicazione, registrata il 25 novembre 2017, il giorno del compleanno della piccola Aurora, la bambina che dà il nome alla casa editrice Aurora edizioni. Da tempo volevo regalare una copia a Simone Cristicchi per una serie di motivi legati, soprattutto, alle tematiche trattate dal mio libro. Sono contento di averlo fatto proprio quel giorno in occasione di una prova del suo spettacolo “Happy Next – la ricerca della felicità”. Di seguito l’intervista pubblicata sul Centro con cui abbiamo presentato questa nuova produzione del Tsa.
Un libro, un bicchiere di latte e una scimmietta giocattolo appoggiata a un muro bianco, con su scritto: «Life is hard when you think it’s hard (la vita è difficile quando la credi tale)». Questo riesci a notare nel fotogramma che precede il video di Studentessa universitaria, uno singoli che – nei primi anni Duemila – hanno accompagnato il successo di Simone Cristicchi come cantautore.
La scritta scompare e riappare solo a metà canzone come se fosse un messaggio subliminale, quasi a ricordare quanto, a renderci più o meno felici, non sia la realtà ma il nostro modo di guardarla. In fondo, come dice Cristicchi dal palco di “Happy Next alla ricerca della felicità”, il nuovo spettacolo al debutto domani (ore 21) e venerdì (17.30) al Ridotto del teatro Comunale dell’Aquila, «non abbiamo bisogno di cambiare il mondo, ma solo di guardarlo con occhi diversi». Uno spettacolo, in anteprima nazionale, che il direttore artistico del Teatro stabile d’Abruzzo ha scritto insieme a Francesco Nicolini e Andrea Rivera per la regia di Roberto Aldorasi. In scena ci sono Ariele Vincenti, Cristina Piedimonte e David Voci Sciabordi.
«Quello che mi sta a cuore», ha detto Cristicchi in più occasioni, «è la ricerca della felicità. Qualcosa di ben diverso da quello che in troppi ci vogliono propinare. In un momento storico in cui siamo oberati e soffocati da migliaia di parole, ho sentito il bisogno di andare a prendere una parola e declinarla in tanti modi. Ho cominciato con la parola felicità, appunto». Un percorso che passa attraverso un omonimo documentario che ha proposto interviste a centinaia di persone tra bambini, ragazzi, filosofi, poeti, musicisti, “gente comune”. Testimonianze sorprendenti, autentiche, uniche. Quasi a dimostrare che ognuno ha la propria ricetta di felicità e di ricette ne possono esistere 7 miliardi. Un concetto che sul palco deve farsi spazio tra altoparlanti, tubi catodici, schermi al plasma (anzi «al Plasmon» a sottolineare quanto l’uso di tablet e cellulari sia precoce) e algoritmi capaci di assecondare paure e desideri di ognuno di noi, le famose armi di distrazione di massa dello “showbiz”.
Uno scenario in cui è facile perdersi. Come orientarci?
Ci ho pensato a lungo e alla fine ho cercato la risposta in 7 “molliche di pane” che voglio condividere con il pubblico. Sette punti a cui guardare per ritrovare la strada di casa, come Pollicino. Si parte proprio dall’attenzione al presente, un primo passo verso il ritorno all’essenziale.
Cosa intende per essenziale?
La nostra vita è un continuo inseguire, viaggiare a un ritmo che non è quello dei nostri sensi. Abbiamo poco tempo per fermarci a guardare un cielo stellato e riflettere. “Le grandi domande sono cambiate”, come dice lo spot di quella banca con una bella ragazza in décolleté e vestito di seta fissare la finestra con sguardo malinconico. Ti aspetti che si stia chiedendo chi c’è dall’altra parte del cosmo e invece è solo preoccupata delle commissioni del suo bancomat.
Un aneddoto che ricorda quel cartellone pubblicitario che dice: “È tutto intorno a te”, ma quando guardi poi – come canta Jovanotti – “non si vede niente”. Sul palco fa cenno con ironia anche allo slogan di Facebook: “Mai più soli”. Qual è il suo rapporto con i social?
I pericoli della rete sono tanti ed esistono realtà sociali fortemente condizionate in negativo dall’abuso dei social. In Cina quasi devono pensare a corsie riservate alle persone che vanno in giro guardando il telefonino anziché la strada. Io credo però che Internet sia un grande strumento attraverso cui condividere cultura, conoscenza, bellezza in generale. Arriveremo a un punto in cui questa grande illusione incentivata dagli algoritmi verrà meno e ritroveremo la voglia di contatti reali. Ci sentiremo finalmente portatori sani di una felicità che nasce anche dal prenderci cura gli uni degli altri.
Canzoni, racconti, video e un piccolo omaggio all’Aquila da portare in tour nazionale…
Ho fatto riferimento alla mia visita alla tendopoli del Globo subito dopo il sisma del 2009. Fu sorprendente vedere tante persone che la società considera deboli, trovare la forza in quella circostanza.