L’Aquila, una città in Jazz
Parlare di L’Aquila come città destinata a diventare la “capitale del jazz italiano” può sembrare un po’ azzardato se solo si pensa alle rassegne di questo genere in giro per la Penisola. Senza andare troppo lontano, senza neanche scomodare la kermesse perugina, risuona ancora nelle orecchie l’eco dei ritmi sincopati di Brad Mehldau o dei virtuosismi di Pat Metheny, a fare breccia tra il programma estivo di Pescara Jazz. Eppure, il festival che dal prossimo anno sostituirà la maratona del “Jazz italiano per le terre del sisma”, raccoglierà l’eredità di quattro anni in cui si sono alternati circa 2.500 musicisti, a partire da Danilo Rea, Roberto Gatto, Enrico Rava, Gino Paoli – tra i tanti nomi della prima edizione – per arrivare all’ouverture con Peppe Servillo dello scorso anno, sempre sotto la direzione artistica di Paolo Fresu.
Anche il main stage di stasera, allestito nel cortile dell’emiciclo del Consiglio regionale, riunisce ospiti di rilievo, dalle 21 con Petra Magoni, accompagnata dal vibrafono di Andrea Biondi, subito dopo l’esibizione del Giuseppe Vitale Trio con Flavia Saracino e della consegna di premi alla carriera da parte di Midj a Gianni Cazzola e Gianni Coscia. A seguire, Ambrogio Sapragna e i Solisti dell’orchestra popolare italiana, quindi Simona Molinari nel suo omaggio a Ella Fitzgerald con il supporto di Claudio Filippini (pianoforte), Fabio Colella (batteria), Fabrizio Pierleoni (basso), Gianpiero Lo Piccolo (clarinetto). E infine, la tromba di Cesare Dell’Anna nella sua “Opa Cupa”, il racconto di testimonianze irripetibili, storie di immigrazione, racconto di viaggi e partenze in cui la condivisione e l’esplorazione generano un’alchimia potente in grado di far crollare le barriere sociali dinanzi al confronto tra etnie e culture apparentemente lontane e diverse. La maratona chiuderà così.
«Crediamo che a questo punto L’Aquila sia pronta per proseguire da sola», sottolinea Fresu, direttore artistico della kermesse e presidente della neonata Federazione nazionale “Il jazz italiano”. «Noi ovviamente continueremo a essere presenti. Del resto, il 6 settembre 2015, giorno della prima edizione, è una data spartiacque: esiste un prima e dopo L’Aquila. Per questo, faremo di tutto per regalare a questa città un festival che, a partire dal 2019, trasformerà questi luoghi un punto di riferimento per tutto il movimento nazionale, una capitale di fatto».
Procedendo con ordine, L’Aquila raccoglie in queste ore il testimone al termine di una quattro giorni partita giovedì da Camerino, nelle marche proprio con la tromba di Fresu e il bandoneon di Daniele di Bonaventura a dare il via a Rocca Borgesca, subito dopo l’esibizione di Alberto Napolioni & Penta Res e dei Pescara Jazz Messengers. Poi Scheggino (Perugia) e Amatrice che ieri ha visto in strada il corpo bandistico di Accumoli, i Night Dreamers, Beatrice Arrigoni, John De Leo sino alla chiusura con i Bear Trip. Due le anteprime serali all’Aquila a piazzetta del Sole e piazza Chiarino, tra jam session, dj set e selezioni dell’Umbria jazz club.
Oggi, si parte alle 10 da San Bernardino con i 100Cellos, un gruppo aperto e sperimentale di violoncelli, con guida di Giovanni Sollima ed Enrico Melozzi. Alle 12, sarà la volta di Joe Barbieri e dei suoi “Origami” per chitarra e voce, con la batteria di Sergio Di Natale, il basso di Giacomo Pedicini, il piano di Antonio Fresa e il violoncello di Stefano Iorio.
Dalle 14, si aprono, quasi in contemporanea le altre postazioni, sedici in tutto in giro per il centro storico, a cui si aggiunge il “Giazz” music corner della libreria Polarville nel parco del Castello.