Simonetti: Profondo rosso, emozione senza tempo
6 Ottobre 2017 Condividi

Simonetti: Profondo rosso, emozione senza tempo

Bastano poche note per riconoscere il leit motiv di “Profondo Rosso”, una perla nella storia del gruppo progressive-rock dei Goblin, famoso soprattutto per aver musicato i film di Dario Argento tra cui appunto l’omonima pellicola cult Profondo Rosso (1975), ma anche Suspiria, Phenomena, Tenebre e poi Zombi di George Romero.

Un trio che si prepara a sbarcare all’Aquila dopo una fortunata parentesi a Brisbane, in Australia. Claudio Simonetti (tastiere), Bruno Previtali (chitarra) e Titta Tani (batteria) sono in concerto questa sera al centro culturale di Tempera alle 21.30. Un evento targato Phm Events di Chiara Masciovecchio e Diego Fiordigigli che già qui hanno organizzato un’esibizione-seminario con Paul Gilbert, uno tra i più veloci chitarristi al mondo.

Per l’occasione verrà proiettato Profondo Rosso, con musiche suonate dal vivo in un’esperienza che coinvolgerà tutti i sensi. Per Simonetti, l’evento rappresenta anche un’occasione per raccontarsi. «La storia mia e del mio gruppo nasce dagli anni Settanta», ricorda, «un periodo difficile e controverso in cui magari rimediavi delle manganellate solo per andare ad ascoltare musica». I Goblin vengono da quel periodo, poi sono arrivati i viaggi, i concerti, i contratti discografici, l’incontro con Dario Argento.

Un viaggio lungo quarantanni di cui si parla nella sua nuova autobiografia “Il ragazzo d’Argento”. Come nasce questa esigenza di raccontarsi?
«Ho accettato la proposta di Edizioni Tsunami e sono stato orgoglioso di lavorare fianco a fianco con Giovanni Rossi, un biografo che ha alle spalle una carriera importante. Il ragazzo d’Argento è un omaggio sia alla collaborazione con il regista che ha influito di più sulla mia carriera, ma anche la citazione di un brano dei Goblin. Guardarsi dentro e guardarsi indietro è sempre stimolante. Mi piace anche ricordare, accanto alle mie collaborazioni cinematografiche, il periodo della dance music, in cui ho collaborato con artisti come Easy Going, Vivien Vee e Claudio Cecchetto. Per lui composi Gioca Jouer».

Dieci anni fa, invece, fu protagonista di un’altra biografia, Profondo rock, di Gabrielle Lucantonio.
«È uno dei ricordi che mi legano all’Abruzzo. Gabrielle, scrittrice e giornalista, è nata in Francia ma era originaria di Rocca di Cambio, paese nel quale si era ritrasferita. Purtroppo è andata via troppo presto. Sono stato al suo funerale ed è l’ultima volta che sono capitato da queste parti».

Ha altri ricordi che la legano all’Aquila?
«Suonammo al teatro Comunale ora ancora seriamente danneggiato dal terremoto. E, poi, ci trovammo a incidere musica per Dracula3D al teatro La Fragolina di Fossa, lì dove ha lavorato a lungo anche Carlo Crivelli».

Come è cambiato il cinema dagli anni Settanta ad oggi?
«C’è stata una specie di involuzione. Oggi si investe su fiction e serie tv e non c’è più spazio per un ricambio generazionale. Di grandi registi non se ne vede neanche l’ombra. E noi lavoriamo molto più sui live rispetto al passato, anche grazie alla visibilità che abbiamo dal web e dal digitale. Una rivoluzione che da una parte ha ridotto incassi e diritti d’autore, dall’altra ci fa viaggiare molto per suonare in giro per il mondo. A breve torneremo anche in Belgio e in Giappone».

Che effetto fa ogni volta suonare Profondo rosso?
«Siamo entusiasti di suonare in contemporanea alla proiezione del film. C’è sempre un grande seguito e anche ai giovani piace. Il nostro pubblico attraversa le generazioni».

Registi come Argento e Mario Bava hanno segnato un’epoca. Che influenza hanno avuto sulle sue composizioni?
«Enorme, bisogna considerare anche che con Lamberto Bava, figlio di Mario, ho lavorato a lungo, così come con Ruggero Deodato».

Parliamo delle origini. Cosa significa essere figlio di un musicistae uomo di spettacolo come Enrico Simonetti?
«Come figlio è stato difficilissimo, è stata un’eredità pesante da portare. Però devo ringraziare lui perché sono nato, cresciuto e vissuto in questo ambiente. Mio padre mi ha trasmesso la passione e gli strumenti per continuare nella musica».

di Fabio Iuliano – fonte: il Centro

 

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