Mafie e informazione: mai abbassare lo sguardo
Scrivere di mafia nel 2017, in un momento in cui fare inchiesta è molto più difficile e molto meno remunerativo che in passato. In un momento in cui il flusso continuo di notizie non rende giustizia all’impegno di pochi professionisti e al rischio che si prendono nel portare avanti il loro lavoro. Nasce da qui la riflessione del convegno, sostenuto dall’Ordine dei giornalisti, su Mafia e informazione. Nell’aula magna dell’edificio Alan Turing a Coppito, il giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni e il sociologo Pino Arlacchi sono stati protagonisti di un tavolo tecnico di approfondimento sulla criminalità organizzata, dal titolo “Mafie e informazione”.
Un incontro, moderato dal giornalista Angelo De Nicola, che non ha certo evitato di parlare delle contraddizioni nelle modalità di realizzazione degli edifici che sono tra le cause dei crolli del 6 aprile 2009. «Spesso il giornalismo contemporaneo fa fatica a entrare dentro tante problematiche, specie quando deve fare i conti con un tempo scandito da talk show e dibattiti televisivi», ha valutato Arlacchi davanti a una platea composta in parte da giornalisti in parte da studenti dell’ateneo aquilano.
Al centro del confronto anche il blog Mafie (del network Repubblica.it) ideato – e aggiornato quotidianamente – da Bolzoni. «Qui riesco a condividere notizie e spunti di riflessione», spiega, «utilizzando uno spazio frequente che altrimenti non avrei sul giornale». Si è parlato anche del modo con cui il giornalismo tratta del terrore. «C’è una retorica assolutamente ingiustificata che punta a enfatizzare delle vicende amplificando la portata del danno», ha spiegato Arlacchi. «Ma questo è fare il gioco dei terroristi. Si è parlato dei fatti di Londra come se la città fosse stata bombardata. Forse, se si restituisse agli utenti la portata reale delle conseguenze provocate dagli attentati, questi sarebbero molti di meno». In sala anche il vicesindaco Nicola Trifuoggi, il prorettore Carlo Masciocchi, i professori Mariateresa Giammone e Francesco Sidoti. (fab.i.)