Beni confiscati in Abruzzo: nel mirino rom, camorra e grandi evasori
Palazzi, ville, terreni agricoli e non, ma anche aziende e negozi. Immobili e proprietà frutto di attività criminali e che ora sono nelle mani dello Stato. Sono 276 i beni sottratti in Abruzzo alla criminalità e in gran parte riassegnati a Comuni, Province, Regioni, Ministeri o forze dell’ordine. Una malavita che nella nostra regione assume forme differenti: i clan rom nella costa, la criminalità organizzata nell’entroterra e, a sorpresa, i grandi evasori di tasse che qui sono puniti alla stregua dei mafiosi. La legge è chiara: perché i beni possano essere confiscati è sufficiente il sospetto che provengano da un arricchimento illecito. E, applicando la norma, i giudici abruzzesi hanno pronunciato sentenze pilota in Italia contro chi non paga le tasse.
È quanto emerge dal dossier, aggiornato al 31 dicembre 2015, dell’ Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. A renderli pubblici in anteprima è “Confiscati Bene”, il progetto di attivismo civico e giornalismo investigativo che da due anni promuove trasparenza e open data nella lotta alla mafia e non solo.
Dati che in Abruzzo fanno balzare in testa, a sorpresa, la provincia di Chieti. Qui si trovano 109 dei 276 beni confiscati in regione. Un numero imponente se paragonato ai 68 beni acquisiti dallo Stato in provincia di Pescara, o i 65 e 34 nel Teramano e nell’Aquilano.
Il perché di questo primato è una sentenza storica che, per la prima volta in Italia, ha applicato ai grandi evasori fiscali le confische previste per i mafiosi. A pronunciarla è stato il tribunale di Lanciano. Nel 2012, accogliendo la richiesta del procuratore Francesco Menditto, i giudici frentani equipararono V.P., allora 47enne, ai mafiosi. Ad incastrarlo fu un’indagine della guardia di finanza che fece emergere una evasione fiscale da 10 milioni di euro.
Gran parte delle proprietà dell’evasore totale si trovavano ad Atessa. Così la cittadina della Val di Sangro balza in testa alla classifica dei comuni in cui si trovano i beni confiscati dallo Stato.
Con quaranta beni confiscati, Atessa supera di una unità Pescara ed è più avanti di realtà come Montesilvano e Martinsicuro. Ossia tre cittadine dove sono forti gli interessi della comunità rom abruzzese che ha da sempre in mano il mercato dell’usura, dell’estorsione e dello spaccio di droga. Nel corso degli anni sono stati confiscati beni alla famiglia Spinelli , clan collegato ai romani Casamonica, e ai Di Rocco. L’ultima confisca è avvenuta lo scorso mese di gennaio proprio a Pescara dove, dal 2007, lo Stato ha messo le mani su beni per circa 35 milioni di euro. Sulla costa sono stati confiscati beni non solo ai clan rom, ma anche a mafia e camorra. La criminalità organizzata sembra però preferire l’entroterra, in particolare la Marsica e il comprensorio sciistico dell’alto Sangro. E qui che molti boss hanno deciso di investire i guadagni dei loro affari criminali. Il primo è stato probabilmente Enrico Nicoletti, soprannominato il Secco, il cassiere della banda della Magliana. E l’idea di riciclare i soldi con case, terreni e aziende nell’aquilano è stata poi seguita dai corleonesi e dai casalesi. Abruzzo terra di riciclaggio, dunque. Un dato che sembra confermato dal fatto che tra i beni confiscati ben 96 sono appartamenti. Case in gran parte acquistate riciclando denaro sporco.
Gli investimenti della criminalità sono però messi a rischio giorno dopo giorno dall’attività di contrasto dello Stato. La tattica di puntare sui patrimoni per colpire chi delinque ha portato a un boom nelle confische: nel 2013 i beni confiscati in Abruzzo erano 54, in due anni sono diventati 276. E gran parte di questi beni sono stati già assegnati e dati in gestione.
Un successo spesso festeggiato con manifestazioni pubbliche come quella organizzata Libera nei terreni confiscati alla banda della Magliana. In quelle proprietà l’associazione ha portato i bambini delle scuole di Tagliacozzo e Magliano de’ Marsi per una giornata di festa e divertimento. Hanno giocato contro le mafie nelle proprietà con cui la criminalità ricicla i soldi che mettono a rischio, giorno dopo giorno, il futuro del nostro paese.
di Giuseppe Boi, Matteo Del Nobile e Fabio Iuliano: fonte il Centro