Tra gli eroi del touch, il rugby senza botte
11 Febbraio 2016 Condividi

Tra gli eroi del touch, il rugby senza botte

«Così non va… non potete prendervela con gli altri, non potete cercare sempre l’alibi: una volta l’arbitro, una volta gli avversari… sono tutte scuse». Rugbista di vecchio corso e tecnico della palla ovale, Mario Di Giovanni non vuole sentire ragioni dentro e fuori il campo. «Facciamo sempre fatica a guardare cosa noi sbagliamo, perché è più facile puntare il dito sugli altri. Questa è una cosa tipicamente italiana», ripete tra un’azione e l’altra. Le “Vecchie fiamme Old rugby” lo hanno scelto alla guida della squadra. Fino a qualche mese fa non avevano un vero e proprio allenatore.

Del resto, nel touch rugby spesso l’importante è fare gruppo, poi le cose vanno da sé. Parliamo di una variante senza placcaggi. La palla ovale è sempre la stessa, ma si gioca a sei o sette a seconda del tipo di campionato. E poi, quando si viene toccati bisogna lasciare la palla, in un’evoluzione del gioco che a tratti somiglia più a ruba bandiera che a qualsiasi altra cosa. Nata per volontà di un gruppo di ex giocatori delle Fiamme Oro, la squadra gioca e si allena da quasi tre anni. Il campo base è quello in sintetico di Centi Colella, nella parte gestita sia dall’Aquila Rugby che dalla Polisportiva neroverde. L’appuntamento è alle 20 alla club house, il bar sport dell’impianto. Chi si allena ha giusto il tempo di salutare e fila dritto nello spogliatoio. Gli altri si concedono un paio di birre e controllano la cottura della pecora, appuntamento imperdibile del primo lunedì del mese. Fabrizio Tiboni è tra quelli che restano a bordo campo a controllare che non manchi nulla.

«Ho qualche problema alla caviglia», spiega, «e quindi devo fermarmi per un po’». Scout, impegnato nel sociale, animatore di gruppi goliardici, Fabrizio cura rapporti con la stampa e pr della squadra. Alla club house ci si conosce tutti, chi ha giocato con la stessa maglia, chi ha amici in comune, chi ha fatto le scuole insieme. A dare da bere c’è Claudio Casilio, padre di Nicolò, promessa azzurra Under 18. Fabrizio e Claudio, per l’appunto, si conoscono dai tempi delle elementari e vanno avanti una buona mezzora a raccontarsi questo o quell’aneddoto.

«Hai visto… Fabio si è trasferito a Parma. E Alessia in Toscana… e poi Giancarlo, chissà che fine ha fatto». Fuori, Gianni Di Norcia e Francesco Massari (“Massò”), tengono d’occhio la cottura del calderone, mentre Stefano Falcone (“Furgò”) cura il resto della logistica. Il resto della squadra occupa la parte alta del campo, nell’altra metà si allena la divisione “senior” della Polisportiva che milita nel campionato di serie C. Guai a confondere le due formazioni. «Non vedi quanto siamo più in carne rispetto a quelli del touch?», rimarcano dal reparto mischia. Agli ordini di Mario Di Giovanni, ci si passa la palla e si procede in avanti, passaggio dopo passaggio. Al sesto o settimo tocco cambia il possesso dell’ovale. Tra le casacche gialle e blu riconosci Stefano Di Salvatore, presidente dell’Air e Roberto Franchi allenatore della Rugby Experience. Adesso gli aquilani in rosa sono tanti, mentre all’inizio erano gli ex del gruppo sportivo della polizia a fare gruppo. L’associazione, che porta il nome della squadra, è stata fondata poco dopo il terremoto anche per iniziativa dell’attuale presidente Carlo Stefanucci.

image (1)Non solo rugby, ma anche tanti progetti di solidarietà, come quello che ha portato una delegazione a giocare in Brasile. Un’iniziativa a sostegno di un asilo nido e un orfanotrofio che fanno capo all’Istituto Sao Vicente de Paulo, di Campina Grande. Un progetto che ha raccolto il sostegno spontaneo di tanti appassionati, tra cui Massimo Prosperococco. «Giochiamo in due leghe», spiega Tiboni a bordo campo, «quella che ha il patrocinio federale, la Litr, e la Italia touch che riunisce varie squadre del nord e solo qualcuna del centrosud. Lo scorso ottobre, siamo diventati campioni d’Italia Litr, vincendo le finali a Treviso. Per noi si è trattato di una sorta di conferma degli ottimi risultati già ottenuti in Coppa Italia che abbiamo portato a casa, così come la Coppa dei due Mari dell’altra lega». Si gioca e ci si diverte. All’ultimo torneo ad Anzio, non si poteva partecipare se non mascherati e si gioca anche con le donne in squadra.

Fonte: il Centro