Lo sport, la musica. Due linguaggi universali con cui abbattere tanti mostri, tante barriere. E’ questo quello che mi sconvolge, quando la tragedia parte da quelle cose che dovrebbero darti sicurezza, coraggio e voglia di provarci sempre e comunque. “First come love, then come pain” cantano i Pearl jam rievocando i fatti di Roskilde, quando nel 2000 nove fan finirono nel fango proprio davanti ai loro occhi. Quando vieni tradito da tutto quello che dovrebbe proteggerti. Dieci giorni fa, quando hanno tirato giù quell’aereo sul Sinai, io mi trovavo in viaggio, verso il Marocco. Ho provato paura, paura di volare (per un po’… poi ti passa), paura di salire in alto. Mi sono sentito sfasato, un po’ come quando vivevo in un monolocale tra la Gare du Nord e la Gare de l’Est nel periodo immediatamente successivo all’attentato alle Torri Gemelle. Mi sono sentito sfasato a pensare che non sarà più così facile tornare in quel posto magico che è Sharm El Sheikh, dove fascino e seduzione della storia egiziana si tuffano sulla barriera corallina. Quando si viaggia, provare paura fa male.
No, non tingerò di rosso, bianco e blu le mie foto su Facebook per seguire la moda del momento. Ma per me Parigi non è la stessa cosa.