Lithium 48, il quotidiano come Idra da combattere
2 Giugno 2018 Condividi

Lithium 48, il quotidiano come Idra da combattere

Siamo a Parigi, è il 2002. New York ha da poco mostrato al mondo l’orrore delle Twin Towers quando, nella capitale francese, un uomo vive il suo terribile risveglio tra le cadaveriche mura di un ospedale psichiatrico. Perché è lì? Come ci è finito dentro? Urge, fin da subito, un compulsivo tentativo di riprendere coscienza per ricostruire un senso e una consequenzialità di eventi nascosti da 48 ore di assoluto buio mnemonico. Il momento storico non aiuta, data l’estrema fragilità di ogni convinzione umana frantumata e lanciata in pasto alle grinfie di illogicità politiche, sociali e culturali. Ed è proprio in questo inamovibile universo di smarrimento che Simone, il giovane protagonista di Lithium 48, il nuovo romanzo di Fabio Iuliano (Aurora Edizioni), si sente invadere improvvisamente da una paura del diverso mai conosciuta prima e da una strana ambiguità insita nel contatto con ogni essere vivente al di fuori del proprio vivere quotidiano.

Sensibilità e acutezza sono gli artefici di quell’indispensabile matrimonio di cui si serve la scrittura di Iuliano per la saggia e coscienziosa costruzione di una narrazione distopica che fa di claustrofobie e apparenze il nucleo basilare di ogni scelta contenutistica in perfetta simbiosi con una (purtroppo) imprescindibile apparenza di libertà. Lithium 48, seconda pubblicazione letteraria di Iuliano (forte di esperienze relative anche al campo del giornalismo, della musica e dell’insegnamento linguistico legato a fondamentali inchieste sul concetto di immigrazione), viaggia con costanza ed estrema determinazione sulla strada maestra del parallelo più crudo, acido ma necessario con una contemporaneità ricostruita a ritroso sulle vicende di personaggi metaforicamente essenziali nel loro conferire azioni, pensieri, opinioni, semplici intuizioni o derive terminali al confine estremo tra realtà e immaginazione.

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Al centro di tutto vi è il desiderio, tanto inconscio quanto viscerale, di capire il mondo in cui si è costretti ad esistere, vale a dire quella fastidiosa quotidianità in cui il “normale” si trasforma gradualmente in una molteplicità maligna intrisa di vuoto interiore e ripercussioni esterne in forma ossessivamente discriminante e controproducente. Nel cuore più tumefatto di questo (per lui) improvviso e interminabile abisso, Simone cerca di scrutare a fondo l’essenza di ogni anfratto materiale per operare tentativi di comprensione, fino a padroneggiare la sostanza più nascosta (eppure così evidente) di ogni male corporale e spirituale in una Parigi all’apparenza romantica e poetica ma, nella fulminea realtà dei fatti, controversa e misteriosa, paranoica, sfiancante.

Il “risveglio” a differente luce di Simone, dunque, coincide comprensibilmente con una accorata richiesta di frantumazione per paraocchi morali e culturali, in modo da poter tentare di percepire ogni segnale manipolatorio e umanamente dissacrante come il vero nemico da combattere. Su tutto e ovunque, in Lithium 48, aleggia il terrificante spettro della consapevolezza di essere liberi solo in apparenza. Come unico rimedio all’ineluttabilità del complesso non-vivere diegetico, Simone (e Iuliano, e il lettore) deve accettare di perdersi tra i vicoli più oscuri della propria città interiore per mettersi finalmente in cerca della propria reale dimora esistenziale.

Allo scopo di incentivare un simile “mood” percettivo, necessario ad entrare realmente nel corpo delle sensazioni evocate dalla scrittura di Iuliano, l’uscita del libro è accompagnata dalla diffusione online di due booktrailer e, soprattutto, un codice QR stampato sulla prima pagina del romanzo per connettere il lettore ad una playlist di Spotify attraverso la quale ascoltare realmente i brani musicali descritti nel racconto. Si tratta di un senso metadiscorsivo della scrittura tutt’altro che nuovo ma consapevolmente sposato da Iuliano in funzione di guida umanistica verso territori altrimenti incerti, irti, taglienti e dolorosi da avvicinare in quanto colmi di costruzioni metaforiche in grado di sollecitare il recupero di una memoria perduta nei secoli che diventa vera e propria croce impossibile da estirpare.

dal blog 39 steps di Stefano Gallone – fonte: Lettera 43