8 Novembre 2014 Condividi

Colledimacine 1945-2014, il bimbo del dopoguerra ritrovato sul web

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COLLEDIMACINE. Felpa in pile, lupetto e scarpe da trekking. Fai fatica, ma non più di tanto, a immaginarti Carmine Falcone col basco, le ciocie e i vestiti rappezzati, mentre saltella in mezzo a una via di Colledimacine. Così, quasi 70 anni fa è stato immortalato da una foto del funzionario statunitense Conrad Wilson che all’epoca lavorava nella valle dell’Aventino in un progetto dell’organizzazione umanitaria American Friends Service Commitee (Afsc) . Grazie all’impegno del Centro, su indicazione del nipote di Conrad, William Wilson, quella foto è tornata nelle mani dell’uomo, conosciuto in paese come Carminuccio. Tonalità di grigio stuzzicano i suoi ricordi per rievocare un paese che non c’è più.  

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Lo scatto in bianco e nero. La guerra era finita da poco e paesi come Colledimacine ne portavano tutti i segni. Il passaggio del fronte sulla Linea Gustav aveva stravolto la geografia dei borghi della montagna teatina. Macerie e detriti riempivano strade e vicoli. C’era tutto da ricostruire, tutto da reinventare. Tuttavia, bastava poco ai bambini di allora – che pure andavano in giro coi vestiti rappezzati –  per sorridere e, magari, immaginare un altro futuro. Ecco che l’arrivo in paese delle prime organizzazioni umanitarie, volto ad avviare un processo di ricostruzione, era visto come l’inizio di qualcosa di diverso.  I volti immortalati raccontano tutto questo. Ventitre ragazzini in mezzo alla strada, quasi tutti rivolti verso l’obiettivo del funzionario statunitense, arrivato ad Ortona alla fine del novembre 1945.

Ecco la foto scattata da Conrad...
Ecco la foto scattata da Conrad Wilson nel 1945 a Colledimacine

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La ricerca. Venuto meno Conrad nel 2005, i suoi scatti sono un’eredità raccolta dal nipote William Wilson, fotoreporter del San Francisco Sentinel . Tramite Mario Tedeschini Lalli , collega del Gruppo Espresso, si è messo in contatto col giornale. L’appello sul web , rilanciato ogni giorno nel quotidiano in edicola su Twitter, e su Facebook, ha permesso di raccogliere testimonianze e documenti stringendo il campo progressivamente, fino a risalire all’identità di alcuni dei protagonisti dello scatto dell’epoca. Ma prima si trattava di capire il luogo esatto dove è stata scattata la foto. Così, dopo le prime indicazioni sommarie – anche piuttosto imprecise (Onna, Palena, Castel di Sangro) – si è arrivati a un primo punto fermo: la foto non poteva che essere stata scattata a Colledimacine . Conrad, del resto, guidava uno dei grandi camion che partivano da Ortona in direzione di Colledimacine, Montenerodomo, Fallascoso, Palena e Lettopalena, i cinque paesi dove si concentrava lo sforzo Afsc.

Il paese. Colledimacine, nel dopoguerra, contava oltre mille anime. I primi contributi, raccolti anche attraverso il gruppo Facebook “ Nativi di Colledimacine ”, ma anche nei bar del paese che hanno esposto una gigantografia della foto, hanno permesso di stringere ulteriormente il campo a due aree del paese, San Giovanni oppure via Mascetta. Eppure, a quanto pare, il luogo più plausibile dello scatto sembra viale Europa che si affacciava sulla piazza Belvedere, una zona scartata inizialmente a causa della presenza in un edificio di tre piani sullo sfondo nella foto d’epoca.

Carmine Falcone nel luogo in cui...
Carmine Falcone nel luogo in cui Conrad Wilson scattò nel 1945 la foto ritrovata a San Francisco

Il testimone. Ecco che entra in gioco Carminuccio che da poco ha festeggiato 78 anni e all’epoca della foto, nel 1945, ne aveva 8 (è nato nel 1937). «È molto facile che si tratti di questa via», spiega, «perché così ricordo la piazza. Quell’edificio di tre piani con finestre grandi fu demolito negli anni ’50. Prima forse ospitava attività del regime fascista, ma dopo la guerra era caduto in disuso e la gente ci andava dentro solo per fare i propri bisogni». Mentre parla ha la copia della foto in mano e cerca negli edifici attuali qualche corrispondenza. Sul lato destro c’è un edificio molto simile a quello ritratto nella prospettiva della foto, solo che ha la porta-balcone sulla destra e le finestre sulla sinistra. Un orientamento invertito rispetto a quello della foto. L’edificio più avanti, restauri a parte, sembra invece più compatibile.

I ricordi: gli sfollati, le macerie, la povertà. «Erano anni particolarmente difficili», ricorda. «Mio padre Angelo morì nel 1943 durante lo sbarco degli alleati in Sicilia. Con mia madre Mariannina e mia sorella Elisa eravamo stati sfollati  a Casoli. Si mangiava poco e male: a pranzo cucinavamo la pasta in una pentola e la sera usavamo la stessa acqua per bagnarci un po’ di pane e qualche cipolla». Per tirare avanti la famiglia aveva qualche bestia. «Mucche, pecore, asini. Ma dovevamo fare i conti con le razzìe dei tedeschi che venivano e portavano via tutto. I ragazzi più grandi scappavano perché temevano per la loro stessa vita. A me una volta presero tutti gli animali: mi lasciarono in sella a un somaro». Padre di due figli, Domenico e  Angelo, Carminuccio ha fatto l’agricoltore, lavorando a lungo anche per l’Anas, in casa cantoniera. Si occupa ancora personalmente della raccolta di olive.

Gli altri bimbi nella foto. È passato talmente tanto tempo che lo stesso Carminuccio ha fatto un po’ fatica a riconoscersi. Le indicazioni dalla gente del posto, come Pio D’Ippolito, a lungo sindaco di Colledimacine, il primo cittadino attuale, Graziano Di Berardino, hanno fornito particolari importanti. In molti riconoscono al centro della foto Filippo Di Stefano, detto “Cannella”. «Ho individuato lui ancora prima di riconoscere me stesso», spiega Carminuccio. Bravo calciatore, finì in Sudafrica a 16-17 anni. In un’occasione avrebbe conosciuto il grande Alfredo Di Stefano. «Cannella non è mai andato bene a scuola», ricorda. «Ma era parecchio furbo, aveva intuito per procurarsi il pane. Andavamo in campagna insieme e salivamo di nascosto sulle macchine degli americani». Nella foto ci dovrebbe essere anche uno dei due figli di Tommaso Pezzetta, detto “Massaro”. È molto probabile che si tratti di Gino, emigrato da anni in Australia, mentre  il fratello Domenico, più giovane – forse troppo per avere già 5-7 anni al momento dello scatto – ha una macelleria a Casoli. Sulla via si vede anche un uomo, vicino a due asini: si tratta di Domenico Di Stefano, nato nel 1915 e morto nel 2000. Partecipò ad alcune campagne militari in Spagna, probabilmente durante la Guerra Civil del 1936 . La donna di spalle potrebbe essere Elisa Barone.  Così come nello scatto potrebbero essere ritratti Elvira Chiara Barone o Achille Di Giannantonio, emigrato in Francia.

di Fabio Iuliano – foto Federico Deidda / fonte il Centro

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