L’abbraccio di Carlo Verdone e Laura Chiatti
di Fabio Iuliano
L’AQUILA. Gli autografi firmati a bordo palco, gli applausi dei mille dell’Auditorium, le lacrime di Laura Chiatti sui titoli di coda, ma soprattutto gli auguri di Carlo Verdone che L’Aquila riesca a scrollarsi di dosso il 2009, «l’annus horribilis», abbracciando un 2010 nel segno della rinascita. Così, l’anteprima del film, «Io, loro e Lara», in programmazione dal 5 gennaio, viene accolta dalla sala come un messaggio di speranza, «un bene che può nascere dal male», come recita una delle scene più divertenti di tutta la pellicola. Un lavoro che interpreta la crisi della società, vista attraverso gli occhi di un sacerdote missionario in Africa. In «Io, loro e Lara» l’attore veste i panni di padre Carlo Mascolo . Colto da un’improvvisa crisi spirituale, decide di tornare a Roma, dall’Africa. Convinto a rimanere per un periodo di «convalescenza» a casa con i suoi affetti più cari, il prete non sa che di lì a poco vedrà la sua vita rivoluzionata dalla convivenza con i parenti e, soprattutto, dall’incontro con Lara-Laura Chiatti, ragazza dalla «scottante» doppia vita. Il film era stato presentato solo alla critica, riscontrando un buon successo, ma il battesimo con il pubblico era fondamentale. E i dieci minuti di applausi fanno bene al morale. «Per me è stato un regalo bellissimo», ha detto Verdone, «eravamo talmente commossi da non riuscire a parlare, loro ci hanno ringraziato ma siamo noi a dover ringraziare loro. Sono felice di aver regalato a questa gente due ore di relax, ma loro ci hanno regalato molto di più.
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Probabilmente si sono riconosciuti nel finale del film che dà grande speranza. Per me è stato un abbraccio fortissimo e incoraggiante. Non finirò mai di ringraziarli», ha detto poi il regista. Una promessa mantenuta per la città. «L’estate scorsa sono stato all’Aquila», ha spiegato Verdone al pubblico dell’Auditorium, «a Ferragosto per incontrare la popolazione terremotata, mi sono sentito di promettere una proiezione in anteprima del lavoro che stavo ultimando ed allora è partito un applauso che mi ha colpito molto, così piano piano ci siamo riusciti a portare in città questo film». La proiezione non è stata esente da critiche da parte di Massimo Turco , direttore del Movieplex, unico cinema in città che si è detto, comprensibilimente, danneggiato da una proiezione gratuita, per un film che dovrà comunque andare in due sale per tutto il periodo della distribuzione. Ma per l’attore-regista, tornare nelle zone del cratere era importante. «Mi piacerebbe che gli aquilani non andassero via», ha detto. «È una città alla quale tutti siamo molto legati», ha aggiunto l’attore, «e perdere gli abitanti sarebbe un disastro antropologico, culturale. C’è ancora tanto da fare, ma gli abruzzesi sono fortissimi», ha proseguito. «La Protezione civile ha fatto poi veramente tanto per questa terra». A proposito delle cose da fare, Verdone si è detto perplesso sulla possibilità di candidare adesso L’Aquila a capitale europea della cultura 2019, se prima non si pensa a ridare alla città tutte quelle cose che la hanno resa importante negli anni. Emozionatissima la bella Laura, in lacrime sul palco alla fine del film, appuntamento organizzato da «Campi Sonori – prologo della rinascita». L’attrice si è detta «felice di essere qui per condividere questa esperienza». L’ultima scena del film Verdone la dedica a suo pardre critico cinematografico, scomparso nel periodo delle riprese. «Credo che lui avrebbe apprezzato questo film», ha commentato Verdone, «alla fine di ogni mio film mi faceva un cenno di approvazione, oppure mi faceva segno che mi avrebbe telefonato più tardi. Allora dovevo intendere che qualcosa non gli era piacuto». C’è spazio per la speranza, in un film approvato dalla Cei. «Paradossalmente», ha commentato il regista, «nei momenti difficili si può avere una crescita della fede, si può perdere la speranza; io sono convinto che questa tragedia servirà. Anche dar forza alle nuove generazioni che sono sopravvissute servirà a far le cose meglio in tanti campi nell’edilizia».
Un messaggio che va a sbattere con la notizia che sono centinaia gli anziani morti nel periodo del post-sisma, spesso soli e depressi a vivere il loro dramma. «Me ne rendo conto», ha detto ancora, «del resto sono stato in una zona dell’Africa molto povera ho visto che in un villaggio c’erano state venti morti in un solo giorno. Quindi, purtroppo, il mondo non sembra molto democratico, ma è la speranza che ci spinge ad andare avanti».