Parla la nonna del sisma: così la terra tremò nel ’15
TUSSIO (L’AQUILA) – Sono pochi quelli che si ricordano il terremoto del 1915 che colpì la provincia dell’Aquila, in particolar modo il bacino di Avezzano, con ripercussioni anche sul capoluogo, e che causò oltre 30 mila vittime. All’epoca, Pia Maria Loreta Carosi – conosciuta in tutto il paese come zia Pia – aveva nove anni, oggi ne ha quasi 103. Nata l’8 settembre del 1906, non ha mai lasciato il paese natale, neanche nei tempi difficili a cavallo dalle due guerre, quando tutta la famiglia viveva comprando e vendendo sale, facendo spola tra Tussio e L’Aquila. Quattro ore ad andare e quattro ore a tornare, in un carretto trainato da un mulo.
“Mio padre – racconta zia Pia – nascondeva dei pacchi di pasta tra un sacchetto di sale e l’altro per dare a tutti noi la possibilità di mangiare un po’ di più”. Del terremoto del 1915 è rimasta la grande paura nell’avvertire la scossa. Nella mente di zia Pia, però, i ricordi di quel terremoto si confondono con quelli della guerra italo-turca che fu combattuta in quegli anni per la conquista della Tripolitania e della Cirenaica. “Ebbi paura – ricorda in ogni caso – mio padre ci fece uscire di casa e rimanemmo fuori tutta la notte”. Nella notte di lunedì 6 aprile è stato diverso. La scossa, per quanto forte, non ha spaventato la vecchietta più di tanto che è rimasta a dormire, quasi come si trattasse di una specie di sogno.
“Fosse stato per lei sarebbe rimasta a dormire – dicono i nipoti nella tendopoli di Tussio – e avrebbe continuato a fare la vita di sempre senza neanche pensarci a lasciare casa”. Una vita semplice, scandita dal ritmo delle faccende di casa. Dal rubinetto dell’acqua. Dal rumore delle pagine del quotidiano locale che lei ama sfogliare tutti i giorni. Per molte persone anziane i ricordi si fermano al terremoto del 1952, una scossa più debole, ma abbastanza da costringere le persone ad uscire di casa per diverse ore.
“Ci radunammo tutti a via Sallustio – racconta Armando Cococcetta dalla tendopoli di piazza D’Armi – in una zona al riparo che avevamo chiamato ‘ju spallato'”. Qualcuno invece ricorda la paura che i propri genitori avevano dopo il sisma del 1915. “All’epoca – racconta Luigi Massacesi – mio padre viveva ad Onna. Tutta la sua famiglia era alloggiata in un casello nei pressi della strada principale che si affaccia a Paganica. Videro la trave che si muoveva avanti e dietro e la costruzione aprirsi e chiudersi a fisarmonica”. Uno choc pari solo a quello della guerra.
“L’abitato di Onna – aggiunge Massacesi – fu teatro di un eccidio nazista in cui morirono 17 persone. Mio padre era lì e si salvò per miracolo, come non lo so, perché non ho mai avuto il coraggio a chiederglielo. Negli anni a seguire – conclude – gli abitanti del posto erano tanto suggestionati dall’esperienza della guerra che quando in un cinegiornale all’Aquila fecero vedere delle immagini di soldati tedeschi, una persona sparò allo schermo”.