Paola Minaccioni tra Ozpetek e memoria
Una voce si alza dal silenzio del ghetto ebraico di Roma: è quella di Elena Di Porto, antieroina antifascista e ribelle morta ad Auschwitz. La sua è una storia vera, capace di commuovere e ispirare, che prende vita in uno spettacolo intenso e di grande impatto emotivo, diretto da Giancarlo Nicoletti. La pièce, intitolata “elena, la matta”, è liberamente ispirata al libro di Gaetano Petraglia “la matta di piazza Giudia” e racconta la vicenda di una donna straordinaria, il cui coraggio e spirito ribelle continuano a lasciare un segno indelebile.
Lo spettacolo andrà in scena sabato 1° febbraio, alle ore 21, nel Castello Orsini di Avezzano. Sul palco, l’attrice e conduttrice radiofonica Paola Minaccioni, nel cast, tra l’altro, del recente film di Ferzan Özpetek, Diamanti. Fra documento storico, emozione e ironia, Paola Minaccioni torna a teatro con una grande prova d’attrice, vestendo proprio i panni di Elena.
Una storia da brividi: il 16 ottobre 1943 le Ss naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre mille ebrei della comunità romana. Fra questi c’è anche Elena Di Porto, dichiarata pazza dal regime, quando non lo era affatto. Sul palco insieme a Paola Minaccioni anche i musicisti Valerio Guaraldi e Claudio Giusti.
Necessità e urgenza artistiche, perché Paola Minaccioni vuole essere Elena Di Porto e ha profondamente nelle vene tutta la veracità e la potenza per raccontare una femminilità decisa, forte, fuori dagli stilemi e provata dalle angherie del regime e del periodo storico. Non un reading e nemmeno un monologo classico, quindi: ma uno spettacolo emozionante. Con la volontà di raccontare un mondo, un’epoca, una figura di donna e, con esse, tutta una società.
Come descriverebbe elena di porto? una figura straordinaria, un’anti-eroina che non ha mai smesso di difendere la sua libertà, anche a costo della vita. era una donna povera, ebrea, nata in una famiglia umile nel 1912, e profondamente anticonformista. la sua intelligenza e il suo carattere l’hanno resa una figura unica, ma anche emarginata. separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, era poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, soprattutto nei confronti degli altri. era ribelle, sì, ma non pazza come volevano farla sembrare. la sua “malattia” era solo il rifiuto di piegarsi alle regole di un regime opprimente.
Il pubblico vedrà una storia drammatica, ma ci sono anche momenti di leggerezza? assolutamente sì. lo spettacolo ha una vena emozionale, ma è anche ricco di ironia e contraddizioni. amo sentire la gente che ride, perché attraverso la risata si riesce a creare un legame profondo con il pubblico. Elena, nella sua logica e nelle sue reazioni, ha qualcosa di comico e umano che la rende ancora più vera.
Una storia che parla anche all’epoca attuale Elena non ha smesso mai di essere libera di fronte alle contraddizioni che hanno favorito l’ascesa del regime nazista. quelle stesse contraddizioni che oggi vediamo nella condizione degli sfollati in Palestina, nei soprusi ai danni delle donne in Iran o nei discorsi dei nuovi oligarchi che stanno prendendo le redini del nostro futuro.
Trump ad esempio? certo. in america si sta sviluppando un assetto oligarchico quasi contrapposto a quello che, fino a qualche tempo fa, era una prerogativa della Russia. i toni dei discorsi di insediamento sembrano fare eco ai discorsi di mussolini, come se la storia non avesse nulla da insegnarci. di fronte a tutto questo, lo spettacolo propone la figura di Elena con la sua voglia di vivere. non era matta, tutt’altro, e lo spettacolo è chiamato a dire questo. Elena rappresenta tutte quelle persone che, pur nella loro fragilità, trovano la forza di lottare per la libertà.
C’è qualcosa di lei che rivede in Elena? in ogni personaggio ritrovo qualcosa di me. Elena mi ha insegnato la forza di essere se stessi, anche quando il mondo sembra remarti contro. ho interpretato anche in passato donne forti e delicate al tempo stesso, come con Leo Muscato con cui ho fatto Miles Gloriosus.
In un certo senso, anche la caposarta del film di Özpetek rappresenta un personaggio in tal senso un po’ tutti i personaggi femminili del film, in realtà. lei è una donna che ama follemente il suo lavoro, che ha una famiglia problematica ma sa anche essere il punto di riferimento per le sue amiche e colleghe.
Un film che presenta la metanarrazione, tra gli elementi originali. sin dall’inizio la storia si intervalla con l’immagine di voi attrici che lavorate al tavolo del regista. le cose avvengono così anche nella realtà? con Ferzan le cose vanno veramente così, ci si riunisce davanti a un tavolo e si parla del copione, non si recita. lui ha solo inserito la macchina da presa davanti al tavolo in cui ci siamo riunite: in quelle scene non recitiamo ma seguiamo solo una traccia.
Ha un legame particolare con l’Abruzzo? l’Abruzzo è una terra che amo. ho lavorato col Tsa e fatto serate a Civitella Alfedena, Pescasseroli.