“No alla collaborazione tra Italia e Israele”
I giudici della Corte d’appello dell’Aquila si sono riservati di decidere sull’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Anan Yaeesh, il 37enne palestinese, residente nel capoluogo, arrestato a fine gennaio su richiesta delle autorità israeliane che ne chiedono l’estradizione. Lo riferiscono i manifestanti del Coordinamento aquilano per la Palestina che ieri, contestualmente alla discussione in aula sulla revoca della misura cautelare, ha indetto un sit-in davanti al tribunale di via XX Settembre. Alle persone ferme al presidio con striscioni e bandiere, il legale di Yaeesh, Flavio Rossi Albertini, ha spiegato che i giudici decideranno all’esito del procedimento penale. Yaeesh, attualmente in carcere a Terni, è stato raggiunto ieri – insieme ad altre due persone – da una nuova misura cautelare, emessa dal gip dell’Aquila, in cui si ipotizza l’associazione a delinquere con finalità di terrorismo.
IL PRESIDIO. Il più grande degli striscioni esposti portava scritto “No all’estradizione di Anan Yaeesh. No alla complicità tra Italia e Israele”. Tra le persone che lo sostenevano anche Khaled El Qaisi, ricercatore italo-palestinese residente a Roma che alla fine dell’estate scorsa era stato fermato al valico di frontiera con la Giordania e poi detenuto (senza accuse) in un carcere israeliano. Spesso parte attiva in mobilitazioni di questo tipo, ha avanzato ipotesi in merito ai tre provvedimenti cautelari notificati nella notte tra domenica e lunedì.
UN PRETESTO. “Quello che è avvenuto ieri”, ha spiegato, “è solo una bolla mediatica: un pretesto per riuscire a evitare l’estradizione di Yaeesh, ma al contempo mantenere buoni rapporti con Israele. Assistiamo al tentativo da parte del governo evitare di condannare Israele e mettere nero su bianco le vere motivazioni della mancata estradizione di Yaeesh, ossia che nelle carceri israeliane non viene rispettato alcun tipo di diritto. Da ottobre a oggi si contano almeno 37 vittime”. Un gioco di equilibri. “Evidentemente questo governo vuole mantenere i rapporti con Israele, vuole evitare di rifiutare le motivazioni e quindi va a cercare tecnicismi ossia va, probabilmente, a creare questo caso mediatico per poi rifiutare l’estradizione in base all’articolo 8 della Convenzione europea di estradizione che detta, sostanzialmente, che nel caso vi sia un processo in corso per lo stesso reato per cui viene chiesta l’estradizione, quest’ultima si può evitare”. Altri, come Luigia Di Biase parlano di “criminalizzazione del dissenso” e di “caccia al palestinese come quella che si è aperta qui all’Aquila”.
Articolo di Fabio Iuliano apparso anche sul Centro