“Queste canzoni erano lì da sempre, nascoste dagli altri esseri mortali. Le abbiamo registrate una volta che si sono rivelate a noi”. Onesto, diretto e a tratti irriverente, Mark Arm parla così delle 13 tracce di “Plastic Eternity” (Sub Pop Records/Audioglobe) l’ultimo album dei Mudhoney. Un lavoro uscito nell’anno del 35esimo anniversario sia del gruppo sia della Sub Pop, etichetta simbolo dell’alternative rock.
Registrato in nove giorni al Crackle & Pop! di Seattle, con il produttore di lunga data Johnny Sangster, “Plastic Eternity” si propone come una corsa inebriante attraverso tutti i proto-generi del rock guitar based con un occhio attento alle vacuità nel mondo, nel nostro tempo.
Nati dalle ceneri dei Green River (gruppo di cui, oltre a Mark Arm e Steve Turner, facevano parte Jeff Ament e Stone Gossard, fondatori dei Pearl Jam), i Mudhoney sono stati secondo alcuni critici il primo gruppo in assoluto della scena grunge, termine che fu utilizzato proprio durante un loro tour in Inghilterra, o, quantomeno, il gruppo che contribuì maggiormente al propagarsi dell’utilizzo del suono sporco e particolarmente distorto.
La band ha rappresentato di fatto la prima impresa riuscita per l’etichetta indipendente Sub Pop Records di Seattle e il loro successo all’interno della scena indie ha preparato il terreno per il movimento che di lì a poco avrebbe fatto di Seattle, la nuova capitale dell’universo rock.
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Sebbene, infatti, i Nirvana rappresentino il gruppo che ha espresso l’inquietudine di un’intera generazione, la cosiddetta generazione X, e altri gruppi come i Pearl Jam e i Soundgarden abbiano venduto molti più dischi, i Mudhoney hanno permesso al nascente movimento grunge di diventare una realtà oltre ad avere ispirato e influenzato molte formazioni indie e alternative rock. Attualmente, la formazione è così composta: (il cantante Mark Arm, il chitarrista Steve Turner, il bassista Guy Maddison e il batterista Dan Peters. “Ci piace stare insieme in una band”, spiega Mark Arm. “Alcune persone hanno la serata poker o qualsiasi altra cosa, e hanno la scusa di riunirsi con i loro amici. Per noi, la band è questo, è ciò che facciamo”. Abbiamo chiesto a quest’ultimo di parlarci un po’ di questo undicesimo lavoro.
L’INTERVISTA – ENGLISH BELOW
Riconosciamo in “Plastic Eternity” delle evoluzioni nel sound rispetto agli album precedenti. Come avete lavorato sui 13 brani?
I brani erano lì dove sono sempre stati, nascosti agli altri mortali, e li abbiamo registrati una volta che si sono rivelati a noi.
Plastic Eternity viene presentato come un viaggio intenso attraverso tutti i protogeneri del rock “guitar based”. Pensate che il sound di Seattle sia stato concepito come una sorta di reinterpretazione post-punk dell’hard rock degli anni ’70, ma anche del punk e del garage?
Non so molto riguardo al “sound di Seattle”, ma siamo molto influenzati dal punk, garage, psichedelia, hard rock e anche un po’ di metal, folk e blues. Forse anche un po’ di jazz.
Di quale dei 13 brani ti senti più vicino come approccio musicale?
Sento che tutti e 13 i brani sono indicativi del nostro approccio musicale.
Come valuta l’approccio di Johnny Sangster sulle tue creazioni?
Molto positivamente.
“Almost Everything” (il primo singolo ndr) è un viaggio surreale e interdimensionale di un personaggio che non smette mai di trasformarsi. È una sorta di metafora del vostro percorso musicale?
Questa idea non mi era venuta in mente, ma potrebbe anche essere, no?
Quest’anno segna il 35º anniversario sia dei Mudhoney che della Sub Pop. Come è cambiata la scena di Seattle in tre decenni?
Siamo noi, che eravamo presenti 35 anni fa, ad invecchiare. La cosa strana che ho osservato è che praticamente ogni anno sembra esserci una nuova generazione di persone giovani a dire la loro. Ci sono persone diverse che suonano diversi tipi di musica (così come è sempre stato). Non riesco a riassumere in poche parole come questo abbia cambiato le cose.
Chris Cornell diceva che le band di Seattle erano molto unite, specialmente alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90. Insieme ad altre band come Pearl Jam, Screaming Trees, Nirvana, Soundgarden, facevate parte di una scena musicale particolare. Cosa è rimasto di quello spirito?
Ci sono alcune persone di quel periodo con cui sono ancora in stretto contatto, in amicizia. Ci sono altre persone che non vedo di persona da molto tempo. Questo è un po’ la natura dell’amicizia, delle conoscenze e del tempo.
Si mantiene in contatto con altri veterani delle band menzionate nella domanda precedente?
Sì.
Qual è il processo delle vostre composizioni e in che modo è cambiato nell’era digitale?
Il processo cambia con la tecnologia, ma cerchiamo di combinare un po’ delle parti migliori del vecchio con le parti migliori del nuovo. Per “Plastic Eternity” abbiamo registrato su nastro a 2 pollici, che poi è stato trasferito in ProTools per facilitare l’editing.
Qual è il lascito del rock alternativo degli anni ’90 sull’industria musicale?
Dell’industria musicale non me ne può fregar di meno.
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ENGLISH VERSION
“These songs were hidden from other mortal beings. We recorded them once they revealed themselves to us,” says Mark Arm honestly, directly, and irreverently about the 13 tracks of “Plastic Eternity” (Sub Pop Records/Audioglobe), Mudhoney’s latest album. A work released in the year of both the band’s and Sub Pop’s 35th anniversary, the iconic label of alternative rock.
We recognize in Plastic Eternity some evolutions in the sounds, compared to previous albums. How did you work at the 13 tracks?
We discovered them where they lived, hidden from other mortals, and recorded them once they revealed themselves to us.
Plastic Eternity is introduced as a heady ride through all the proto-genres of guitar rock. Do you think the Seattle sound itself has been conceived as a sort of post-punk reinterpretation of 70’s Hard-Rock, but also punk and garage?
I don’t know about the “Seattle sound” but we are very influenced by punk, garage, psychedelia, hard rock, as well as a bit of metal, folk and blues. Maybe some jazz even.
Which of the 13 songs do you feel close to your musical approach
I feel that all 13 songs are indicative of our musical approach.
How could you judge Johnny Sangster’s approach on your creations?
Very positively!
“Almost Everything” is a surreal and interdimensional journey of a character who never stops transforming. Is that a metaphor of your music journey somewhat?
That idea had not occured to me, but maybe?
This year marks the 35th anniversary of both Mudhoney and Sub Pop. How has the Seattle scene changed over three decades?
Those of us who were around 35 years ago and getting quite old. The odd thing that I have observed is that virtually every year there seems to be a new crop of younger people doing their thing. There are many different people playing many different types of music (just like there always has been). I can’t easily sum up how this has changed things.
Chris Cornell used to say that Seattle bands were very close and friendly, especially in the late eighties/early nineties. Along with other bands such as Pearl jam, Screaming Trees, Nirvana, Soundgarden, you were part of particular music scene. What has survived of that spirit?
There are some people from that era who I am still close and friendly with. There are others that I haven’t seen in-person for a very long time. That’s kind of the nature of friends, acquaintences and time.
Are you in touch with other veterans from the bands I’ve mentioned in the previous question?
Yes.
What is the process of your compositions and and how has it changed in the digital era?
Process changes with technology, but we try to mix a bit of the best parts of the old with the best parts of the new. For Plastic Eternity we recorded to 2 inch tape, which was then dumped into ProTools for easier editing.
What is the legacy of the 90’s alternative rock on music industry?
I couldn’t give a shit about the music industry.
di Fabio Iuliano – fonte: thewalkoffame.it