Cinquant’anni di Imagine
“Siamo fatti di cuore e di strada, una strada che non finisce mai. Però credetemi, questa non è una brutta notizia”. Dal palco del teatro del perdono, allestito all’Aquila, davanti alla basilica di Collemaggio, Simone Cristicchi descrive un viaggio chimerico in un mondo ideale. Un mondo in cui “non ci si deve aggrappare ai motori di un aereo per cercare una vita migliore”. Le sue parole accarezzano le suggestioni evocate 50 anni prima da una canzone rimasta nel cuore di generazioni di appassionati di musica e non. Una canzone considerata plebiscitariamente “brano del XX secolo”: Imagine.
Gino Castaldo si trovò a parlarne in questi termini: “Per trovare passione, sogno, e qualità musicale, devono necessariamente andare indietro nel tempo. Dove li aspetta, intatta, una canzone appena sussurrata, straordinaria proprio nel contrasto tra la gentilezza garbata del modo in cui è cantata e l’enormità di quello che chiede: ’Immagina che non ci siano più nazioni, immagina che non sia nulla per cui uccidere o morire, immagina che non ci siano più religioni, immagina che non ci sia più possesso…’”.
Imagine si era proposta a questo secolo come ponte di speranza, di fiducia in un presente di pace e tolleranza. Un ponte fragile, lacerato quasi subito dagli stessi aerei che hanno colpito le Twin Towers quel maledetto 11 settembre, soli due giorni dopo l’anniversario di uscita della canzone e del sesto omonimo album solista, il 9 settembre del 1971. Un ponte infranto come il vetro degli occhiali dell’autore di questo brano John Lennon, ucciso nel 1980.
Eppure, la forza della canzone resta intatta. Anzi, l’evoluzione degli eventi conferisce oggi, mezzo secolo dopo, un valore aggiunto a quel “Penserai che sono un sognatore, ma non sono certo l’unico”. Un messaggio la cui forza è cresciuta di giorno in giorno. L’accoglienza della critica, inizialmente, è stata fredda. Prendiamo Rolling Stone Usa che, nell’ottobre del ’71 scriveva così: “La canzone Imagine è una semplice presa di coscienza di un movimento già planetario. Ci chiede di immaginare un mondo senza religioni o nazioni, aggiungendo che un mondo del genere significherebbe pace e fratellanza. Il canto si limita al compitino, la melodia non eccelle tranne che per il bridge, che suona bene”. Il bridge, è appunto quel “You may say I’m a dreamer”.
Per i 50 anni, si prepara una festa importante. Capitol e Universal Music Group, con la supervisione di Yoko Ono e Sean Ono Lennon, figlio della coppia, hanno organizzato un vero e proprio tributo a Imagine, un party con risonanza globale che metterà in collegamento il mondo grazie allo streaming e ai social network.
Appuntamento a Londra alle 19.30. Da lì partirà un watch party per il film del 1971 “Imagine”, che fu uno dei primi lungometraggi musicali concettuali che venne realizzato, e include tutte le canzoni dell’album “Imagine” di John Lennon più quattro canzoni dal disco di Yoko Ono “Fly”, pubblicato sempre nel 1971.
Inoltre, come riporta Martina Carnevale su www.thewalkoffame.it, è in uscita la pubblicazione a sorpresa di una nuovissima edizione da collezionisti dei brani dell’album Imagine, con tanto di realizzazione di doppio Lp bianco, con una serie di outtake che mostrano il processo di scrittura e registrazione e l’evoluzione delle canzoni di John Lennon, proprio di questo intramontabile album.
“La canzone Imagine incarnava ciò in cui credevamo all’epoca”, si trovò a dire Yoko Ono. “Abbiamo questa unità e ‘il mondo intero che alla fine si possa unire’ è la sensazione che saremo tutti molto felici insieme. Tutte queste sono indicazioni per le persone su come trascorrere l’eternità, perché abbiamo molto tempo”.