Battiato e i suoni sperimentali a Settefonti
È rimasto nel cuore di molti l’incontro che Franco Battiato fece a Bazzano, nella sede provvisoria della facoltà di Lettere e Filosofia, il 9 dicembre del 2009. Il cantautore siciliano portò all’Aquila solidarietà e sostegno nella difficile situazione successiva al terremoto del 2009. Ma c’è un altro storico appuntamento che questa terra ricorda con il maestro catanese. Nel luglio 1976 fu organizzato un evento particolarissimo a Settefonti di Prata d’Ansidonia con la partecipazione di artisti che si rivelarono futuri protagonisti della scena nazionale.
Stiamo parlando del Congresso festival di ricercatori sperimentalisti del suono. Tra i protagonisti di quella kermesse anche Battiato, trentenne all’epoca ma con già un bel seguito. «Alle nostre parti», ricorda l’attuale vicesindaco di Prata, Luigi Carosi, «faceva riferimento Fabio Leonardis, grande appassionato di musica, poi divenuto sacerdote e, quindi, parroco di Tussio. Oggi non è più tra noi, ma all’epoca il suo carisma era grande. Mi coinvolse nell’organizzazione di questo festival. Io stesso sono sempre stato appassionato». Carosi, infatti, suonava con un gruppo che all’epoca riscuoteva un buon successo, gli Spazio Vitale.
«L’iniziativa si svolse negli ultimi dieci giorni di un luglio insolitamente fresco», spiega il vicesindaco, «ma molte session furono memorabili». In apertura il concerto di Roberto Cacciapaglia (corni, tromboni, archi, oboe, violino, percussioni) con dibattito e improvvisazione, in compagnia di percussionisti africani e interpretazione con danza sacra indiana eseguita da Leo Treviglio. Tra gli altri protagonisti Enzo Jannuzzi, Gigi Cova che ha suonato i fiati con Nilla Pizzi.
Battiato si avvalse di suoni sintetici e moog. Un sistema specifico di sintetizzatori basati su tastiera, progettato e costruito dall’ingegnere statunitense Robert Moog, da cui prende il nome. Negli anni ‘70, infatti, la produzione discografica del cantautore si tuffò in una serie di sperimentazioni che non pochi problemi di inquadramento ed esegesi, in quanto i primi quattro dischi di Battiato rappresentano un unicum nella storia della musica italiana. «A me piacerebbe non essere in nessun tempo», si trovò a dire Battiato di sé. «L’ideale sarebbe appartenere a tutte le epoche, ma mi rendo conto che si tratta di un’ambizione smodata». (fab.i.)