Ancora in piazza per chiedere scuole aperte
Non solo cartelle, zaini, quaderni, astucci e libri scolastici. Davanti all’Emiciclo, all’Aquila, arrivano anche gessetti colorati per disegnare i numeri sull’asfalto e giocare a campana. Un fazzoletto da “rubabandiera” e un elastico per piccoli esercizi acrobatici. Per chi torna in piazza, l’acronimo dad significa solo dimenticati a distanza. E in ballo non c’è solo il mero trasferimento di conoscenze, bensì la difesa dei diritti essenziali dei più piccoli, a partire da quello a «essere bambini». Così viene ribadito dai manifestanti: «Senza la scuola non si può camminare verso il futuro».
Un contenuto condiviso in tante piazze della Penisola, anche se l’annunciata riapertura in presenza dai prossimi giorni (qui in Abruzzo da dopo Pasqua) sino alla prima media ha un po’ diluito rabbia e preoccupazione di molti. «La nostra, però», spiega un genitore che chiede di restare anonimo, «è una battaglia culturale che intendiamo portare avanti sino a quando questa situazione non sarà rientrata, anche perché ai ragazzi più grandi è preclusa la socialità in anni importanti e determinanti per lo sviluppo della persona.
E tutto questo, anche con l’avallo di alcuni docenti specie tra quelli che sin da subito hanno trovato nella didattica a distanza una situazione di comodo a prescindere. Sarebbe interessante, ad esempio, sapere quanti insegnanti hanno revocato malattie e aspettative potendo approfittare dei lunghi periodi di didattica a distanza, dove non si è costretti ad andare a scuola». In settimana, alcune realtà scolastiche della provincia hanno aderito allo sciopero della dad rinunciando a far lezione. Tuttavia, l’iniziativa non sembra aver riscosso un grande successo. Più sentite, invece, queste iniziative di piazza, anche grazie a temperature più gradevoli rispetto a quelle della prima manifestazione.