Laura Morante e i suoi Brividi immorali
Una partita per due. Da una parte i fiati di Maurizio Camardi, note soffuse declinate tra sassofoni e duduk a scandire il ritmo del narrato. Dall’altra la voce e i testi di Laura Morante, i cui racconti si spalancano su un mondo di relazioni e affetti attraversato da storie quotidiana violenza. Famiglie, coppie in crisi, omicidi e amici: verità taciute che assumono, senza volerlo, le sembianze di una bugia. Tradimenti e paure alimentati da vecchi rancori o da accadimenti fortuiti, fraintendimenti e rimpianti serbati per anni che arrivano improvvisi a scompaginare le carte, a scrivere da capo un inizio o una fine, mandando all’aria ogni morale.
Tutto questo è Brividi immorali, spettacolo tratto dall’omonimo libro dell’attrice per La nave di Teseo da un’idea di Elena Marazzita con produzione e distribuzione a cura di AidaStudio. Lo spettacolo arriva stasera (ore 21.15) al chiostro di San Francesco nell’ambito del Tagliacozzo Festival (distribuzione Tra). Irregolari e spiazzanti, quasi si muovessero al ritmo di un’improvvisazione jazz, diversissimi eppure legati nel profondo, i racconti e interludi parlano di donne inquiete, fragili, contraddittorie, uomini razionali e infantili, bambini sognanti e feroci, città familiari come case di campagna e case di campagna sterminate come continenti da esplorare. Un tessuto che non lascia fuori l’ironia che, nel disordine degli elementi, scova una bellezza insensata: la melodia disarmonica, imprevedibile e trascinante su cui il destino ci invita a ballare. «Non è la prima volta che porto in scena questo spettacolo», spiega l’attrice 64enne che esordì giovanissima, a teatro, con Carmelo Bene, mentre il suo debutto cinematografico risale al 1980, con il film di Giuseppe Bertolucci Oggetti smarriti. «Sono legata a questi racconti e interludi e ho trovato con Maurizio una buona sintonia in scena. Un compromesso in cui la musica non interviene quasi mai sul parlato».
La carriera della Morante è decollata con il film di Bernardo Bertolucci La tragedia di un uomo ridicolo, ma soprattutto con la collaborazione con Nanni Moretti. Con lui gira Sogni d’oro (1981), Bianca (1984) e, molti anni più tardi, La stanza del figlio (2001)con cui si è aggiudicata il David di Donatello. Nel 2009 ha anche ricevuto il Premio Fellini 8 1/2 per l’eccellenza artistica. Dalla metà degli anni ’80, Laura Morante si è periodicamente trasferita a Parigi dove ha partecipato a numerose produzioni televisive e cinematografiche.
C’è qualcosa che la lega all’Abruzzo?
Ho girato parte delle scene di Un viaggio chiamato amore di Michele Placido con Stefano Accorsi nelle aree protette abruzzesi. Il film del 2002 racconta la tormentata storia d’amore tra la scrittrice Sibilla Aleramo e il poeta Dino Campana, soprattutto attraverso le loro lettere. E poi, tante volte sono stata ospite dei teatri delle 4 province. Ricordo una volta dovemmo affrontare anche una tempesta di neve. Inoltre, una delle prime produzioni francesi di cui io ho fatto parte ha scelto questa terra come location.
Come ha vissuto e sta vivendo questi mesi?
Il teatro vive nell’incertezza ed è pressoché impossibile programmare delle tournée. Si va avanti con piccole produzioni molto più facili da gestire a livello logistico. Il cinema sta ripartendo, anche nelle incertezze della distribuzione. Stiamo lavorando al progetto legato al quello che dovrebbe essere il mio terzo lungometraggio. Sicuramente quando torneremo sul set saremo più preparati di quanto non lo fossimo sei mesi fa.
Cosa ci lascia questo tempo?
Questo tempo dovrebbe essere l’occasione per un esame di coscienza, rispetto al modo con cui abbiamo vissuto, sia nel rispetto dell’ambiente, sia nel rispetto di noi stessi. Non so se essere ottimista in tal senso, anche perché facciamo i conti con una società che ha abbracciato la frenesia come modello di vita. Ci tengo a dire, però, che ho fiducia nei giovani, nelle nuove generazioni. Il cambiamento può avvenire grazie a loro.