Bello lasciarsi travolgere dall’energia di New York
7 Novembre 2019 Condividi

Bello lasciarsi travolgere dall’energia di New York

Il mio eroe del giorno è Jean-Marie, un runner francese forte di un bel 3 ore e 30 alla maratona di Berna, tempo non dichiarato però al momento dell’iscrizione qui a New York. “Così non possono che farmi partire alla quarta onda e cioè in coda al gruppo, perché a me del risultato sportivo non frega più di tanto”, dice.

“Sono qui, invece, per godermi la festa, non ho nessuna fretta”. Me lo ritrovo sulla linea di partenza della quarta onda, appunto, l’ultimo scaglione a salire sul ponte di Verrazzano: quando senti il cannone dello start alle 11 sai che gli atleti migliori, partiti prima delle 9, stanno già per tagliare il traguardo. Se fossimo in un’aula di scuola, saremmo quelli dell’ultimo banco.

Da queste parti vedi gente che mai penseresti riuscire a concludere una maratona. Di qualcuno, anzi, fai fatica anche a capire come riesca a mantenersi in posizione eretta. Eppure… Lo start è un sollievo. Quando senti l’inno americano e la cannonata hai già archiviato tre ore di attesa nel villaggio olimpico al freddo e al gelo. A poco servono i vestiti e le coperte che hai addosso: insieme con gli avvocati aquilani Claudio Verini e Alessandra Gabriele attendiamo di venire chiamati per il via all’angolo di una strada anonima. Così conciati sembriamo quelli del trio La Smofia.

“Annunciazione, annunciazione”: finalmente ci disponiamo per salire sul ponte di Verrazzano. Ho la fortuna di fare da apripista al mio scaglione, così mi trovo davanti, separato dal via solo da una fila di giovani allievi di una vicina scuola militare. Tutta la mia prestazione sportiva si concentra nei primi 25 metri, giusto per provare l’ebbrezza di stare davanti.

Poi mi lascio superare e metto il “cruise control”. Alla fine, anche io come Jean-Marie non vado affatto di fretta. Qualcuno lo prenderà come una scusa e in effetti lo è, ma basta fare due passi verso Brooklyn, da Staten Island, per rendersi conto di quanto sia bello esserci e lasciarsi travolgere dall’energia della gente ai lati del viale. La musica di strada, dal blues all’alternative rock, con tanto di omaggi a Springsteen, Nirvana e tanti mostri sacri. Gli striscioni di incoraggiamento “Just 12 miles to your next beer – coraggio, mancano solo 12 miglia alla prossima birra”. Le mani da toccare e la gente che ti chiama: utile la dritta di farsi appuntare il nome sulla casacca.

Dal Queens si procede per Manhattan attraverso il temuto Queensboro Bridge terrore di tutti i maratoneti per quello che ti lascia sulle gambe. Da quelle parti si concentrano tanti striscioni ironici e polemici contro Trump. Anche io mi sono fatto stampare un mio hashtag da lanciare al mondo “#runforpeace” da tirare fuori all’arrivo a Central Park. Prima però c’è da passare per il Bronx ed è lì che i chilometri iniziano a farsi sentire.

Fino al traguardo, ti spingono i colori dell’autunno su Central Park e le grida della gente fino alla discesa verso Columbus Circle. Poi c’è spazio solo per la voce di Frank Sinatra e l’immortale “New York, New York” che ti accompagna alla medaglia.

di Fabio Iuliano  – fonte: il Centro

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