Pino Quartullo e il canto d’Infinito
“E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno …”
Anche la voce dell’uomo che grida il proprio dolore diventa dolce melodia se vibra nel sacro spazio del silenzio. Una prospettiva inedita quella con cui si presenta Canto d’Infinito – Il senso dell’animo, spettacolo omaggio tra musica e recitazione alla lirica di Giacomo Leopardi, nel bicentenario di una delle sue poesie più celebri. L’incastro cercato è quello tra i testi del poeta di Recanati e gli arrangiamenti per soprano, pianoforte, sassofono, contrabbasso e batteria. Una proposta che apre un nuovo capitolo della rassegna “Suoni itineranti lungo antiche mura” ideata dall’associazione musicale La Scala di seta, in collaborazione con il Comune di Celano e la Fondazione Carispaq. In scena, domani alle 21, al Castello Piccolomini di Celano, l’attore, autore e regista Pino Quartullo, sarà lui a dar voce alle parole di Leopardi, adattate a tratti sulle partiture musicali da Paola Crisigiovanni che cura tutti gli arrangiamenti e suona il pianoforte. Sul palco, con loro, anche il soprano Bianca D’Amore, il sassofonista Luigi Tresca, il contrabbassista Amleto Matteucci e il batterista Fabio Colella.
Un lavoro che si presenta voce d’amore per i versi di Giacomo Leopardi. «La bellezza della poesia è incastonata tra i pensieri del poeta e la musica», si legge nelle note di regia. «Attraverso un nostalgico sguardo rivolto al passato, alla giovinezza, all’infanzia, ai quadri che la memoria disegna, il canto diviene amore e vita». Una narrazione che di fatto va a cozzare con la corazza di pessimismo attribuita al poeta e amplificata dalla critica letteraria. «Il nostro è un Leopardi diverso, i suoi versi e i suoi testi sono capaci di interagire con la società contemporanea», valuta Quartullo. «Abbiamo cercato di rendere omaggio non solo alle sue poesie più celebri, ma anche ad alcuni passaggi dello Zibaldone che appaiono come delle cronache strutturate e aggiungono delle note di colore. A tratti, sembra quasi di leggere Pasolini».
Quartullo, l’azione dell’infinito si svolge tutta all’interno della mente capace di evocare spazi tanto immensi da perdersi anche solo nell’immaginarli. come avete scelto di rappresentare questo moto apparente?
Come altre poesie leopardiane, penso alla Luna, ma anche al Cantico notturno di un pastore errante dell’Asia, l’Infinito è capace di trascendere, di interrogarci sul senso della vita. Per questo, abbiamo cercato un percorso fatto di quadri sonori che si aprono sul mondo e mostrano i sognanti paesaggi del poeta: dolcezza, immaginazione, sete d’infinito, suoni, cieli, primavere, amori abbracciano la solitudine, la noia, persino la morte. La fraternità umana, di cui si parla nella Ginestra, è l’unica arma che combatte la desolazione.
Blaise Pascal si trovò a parlare del proprio sgomento di fronte al silenzio eterno degli spazi infiniti. Tema ripreso da Leopardi proprio nel suo infinito. Come siete riusciti a dare dimensione a questo silenzio?
Una sfida impegnativa a cui abbiamo provato a far fronte aggrappandoci a varie suggestioni: tanto per fare un esempio, quest’anno ricorre anche il mezzo secolo dall’allunaggio e per questo abbiamo potuto valorizzare gli elementi che guardano alla luna. Importante, sicuramente, l’equilibrio tra la musica e la poesia, specie in un testo già ricco di pause, cambi di tempo e particolarità metriche. Certo, la musica rende possibile elevare il tono del narrato ma la sovrapposizione tra parole e suoni è tutt’altro che scontata, specie quando si deve far spazio proprio alla forza del silenzio.
Lei è stato protagonista di vari spettacoli negli ultimi anni da queste parti. Come nasce la collaborazione con questo territorio?
Ho lavorato a due spettacoli ad Avezzano e Tagliacozzo sostenuti dalla Fondazione Irti: Qualche volta scappano, con Rosita Celentano, e Come se fosse lei con Lino Guanciale. Da qui ho avuto i contatti per continuare a lavorare sul territorio e, la scorsa estate, in occasione dei 40 anni dalla morte di Ignazio Silone, ho letto dei suoi testi in occasione della commemorazione ufficiale a Pescina. Mi piacerebbe coinvolgere Alessandro Haber in un lavoro originale dedicato a Giulio Mazzarino, nato anche lui a Pescina, nel 1602, e nominato Cardinale e primo ministro di Francia da Luigi XIII.