Anno X, il senso del tempo tra le macerie di Onna
“Anno X”, in qualsiasi modo lo leggi il senso non cambia: non è un’espressione palindoma, ma da una parte o dall’altra è ugualmente significativa. E il doppio senso di lettura è arrivato per caso: «Un giorno mi sono trovato a scrivere su un foglio di carta “Anno X”, il titolo scelto per il film documentario», ricorda il regista Francesco Paolucci. «Per sbaglio, ho aperto il foglietto al rovescio e mi sono reso conto che usciva fuori “X Onna”». Proprio alla frazione più colpita dal sisma del 6 aprile 2009 è dedicato questo lungometraggio frutto di un lavoro collettivo durato oltre un anno e coordinato dal regista aquilano. Il film ripercorre le vicende del paese colpito dal sisma del 2009 attraverso i racconti e le testimonianze dei cittadini e delle associazioni locali.
DIECI ANNI UN GIORNO. All’indomani del decimo anniversario, il documentario è stato proiettato per la prima volta a Casa Onna. Un lavoro privo di voce narrante, il cui ritmo è scandito dalla musica di Luigi Tarquini e dai contributi delle persone coinvolte, chiamate a rispondere a una serie di domande per ripercorrere questi dieci anni. Una rapida successione di risposte che ricorda “Human”, il lungometraggio che ha accolto centinaia di opinioni da ogni parte del mondo. Però, a differenza del capolavoro del regista Yann Arthus-Bertrand, alle spalle delle persone intervistate non c’è uno schermo nero, ma si vedono le immagini attuali del borgo, tra il villaggio delle casette provvisorie e le macerie. Ed è qui che davanti alle telecamere si alternano prospettive di tempo assortite. Dieci anni sembrano tanti se li guardi con gli occhi di un gruppo di adolescenti, all’epoca della scossa bambini, che ricorda poco o nulla del paese che era prima. Dieci anni sono un tempo enorme per chi come Luigi Nardecchia Marzolo – che di anni ne ha novanta – si trova spesso a sbirciare al cantiere della vecchia abitazione per chiedersi se e quando potrà rientrarvi. Dieci anni che invece non sono nulla per chi ha perso una madre, un padre, un figlio, un amico. Quella notte maledetta non finisce mai. «Per “Anno X” infatti», sottolinea Paolucci, «non intendiamo solo il decimo anno, ma un anno qualunque nella visuale individuale e collettiva: la “X” può essere vista anche come un’incognita».
LA COMUNITÀ. La prospettiva collettiva è alla base del senso di comunità. «È un qualcosa da ricostruire», dice Giustino Parisse nel film. «E lo dobbiamo fare noi, non possiamo chiederlo agli italiani: non è che con 10 milioni di euro ricostruisci la comunità. La comunità non la ricostruisci coi soldi». In quest’ottica, il documentario «non è il prodotto di un singolo», ammette il regista, «ma il frutto del respiro della comunità che mi ha guidato ed è stata generosa a condividere il suo dolore per raccontare una storia importante». In apertura e in chiusura le 40 vittime rappresentate da delle figure vestite di bianco che camminano verso la chiesa di San Pietro Apostolo.