L’Aquila si mobilita contro la restituzione delle tasse
Striscioni, cartelli, fasce tricolore e bandiere neroverdi. L’Aquila risponde compatta alla mobilitazione convocata per dire no alla restituzione delle tasse sospese a imprese e protagonisti nelle aree colpite dal terremoto del sei aprile 2009. La richiesta arriva dalla Commissione europea che considera le somme milionarie aiuti di Stato. Partiti, alle 10.30 in punto, come da programma, in migliaia (6mila secondo gli organizzatori) sono scesi in strada, in rappresentanza di istituzioni territoriali, locali e nazionali (Comune e Regione in primis), ma anche forze sociali e sindacali, attività produttive e dipendenti. In corteo anche tantissimi studenti delle scuole medie e superiori dell’Aquila e varie delegazioni dei Comuni abruzzesi, tra cui quella di Pescara, guidata dal primo cittadino Marco Alessandrini.
Presenti vari parlamentari abruzzesi. Secondo una stima, si parla di una richiesta oltre 100 milioni di euro: è questa la cifra complessiva (al netto di sanzioni e interessi) ottenuta mettendo insieme tutte le cartelle esattoriali notificate a oltre 350 imprese nell’area del Cratere sismico. La mobilitazione si svolge nonostante la proroga di 120 giorni concessa negli ultimissimi giorni. È stata confermata anche la opposizione al Tar contro la nomina del commissario incaricato del recupero delle somne nominato dalla presidenza del consiglio che si discuterà il 18 aprile.
Intanto, da Bruxelles, arrivano alcune precisazioni. Vanno restituite solo le compensazioni fiscali ingiustificate, ovvero quelle ricevute da imprese che non avevano attività economiche ma solo la sede legale sul territorio o che hanno ricevuto di più rispetto ai danni subiti. Compensazioni che riguardano esclusivamente il sisma del 2009. A precisarlo è un portavoce della Commissione Ue all’Ansa, in occasione delle proteste all’Aquila contro la restituzione delle tasse, ricordando che qualche settimana fa la stessa Bruxelles ha dato l’ok allo schema di aiuti da 44 milioni di euro per il 2018-2020 per i terremoti del 2016-2017.
Il caso risale a una decisione del 2015, quando la Commissione ha trovato che l’insieme delle misure italiane prese tra il 2002 e il 2011 per le agevolazioni fiscali alle imprese vittime delle catastrofi naturali «non erano ben mirate» in quanto «non richiedevano in alcun modo di dimostrare di aver subito danni».
«Il risultato», sottolinea il portavoce, «è che alcune imprese hanno ricevuto compensazioni senza aver sofferto danni, e altre ne hanno ricevute di più del valore dei danni. La Commissione sostiene pienamente la necessità di intervenire nelle aree colpite dai disastri naturali», ha ricordato il portavoce Ue, e per questo «le regole Ue sugli aiuti di stato consentono esplicitamente e forniscono ampi margini agli stati membri per compensare le imprese per i danni reali subiti come conseguenze dei disastri naturali».
La precedente legislazione italiana, in vigore ancora quando avvenne il terremoto del 2009, però, non richiedeva di dimostrare i danni subiti. Di conseguenza, «un’azienda registrata nell’area colpita ma senza alcuna presenza fisica o attività economica nell’area era intitolata a ricevere il sostegno pubblico», ha spiegato il portavoce. Quindi alcune imprese si sono ritrovate con «un indebito vantaggio economico sulle loro concorrenti». Secondo le regole Ue, questo costituisce un aiuto di stato illegale e va quindi recuperato per rimediare alla distorsione del mercato così causata. Bruxelles non ha una stima precisa di quanto ammontino gli aiuti illegali da recuperare, in quanto si tratta di una competenza dell’Italia.