L’Aquila e l’integrazione a Sant’Antonio
L’abitato di Sant’Antonio conta poche famiglie straniere. Tra queste, però, c’è quella di Abdula Salihi, per tutti Duli, un uomo come tanti: i suoi genitori sono arrivati in Italia dalla Macedonia, in cerca di fortuna, circa trent’anni fa, quando lui aveva sette anni. Quel ragazzino di allora è sempre rimasto all’Aquila, diventando piastrellista e mettendo su famiglia. Il terremoto e il relativo flusso degli eventi hanno portato lui, sua moglie e i suoi tre figli, di 4 anni, 16 mesi e l’ultimo nato da pochissimo) dentro uno degli alloggi antisismici di questo nuovo quartiere, che ospita complessivamente 611 residenti.
INTEGRAZIONE. Duli è sì un uomo come molti. Ma il suo carisma lo ha portato a fondare e coordinare l’Associazione culturale macedone, un punto di riferimento in città per le famiglie provenienti da quell’area geografica, quasi tutte di etnia albanese e in gran parte di religione musulmana. L’associazione, attraverso le sue attività, costituisce una forma di riparo dai pregiudizi culturali, specie in un momento in cui basta una voce non controllata in merito alla possibilità che i quartieri del Progetto Case possano ospitare i migranti, per scatenare commenti e reazioni a dir poco esagerati, anche da parte di chi ha delle responsabilità istituzionali. In un momento in cui il dibattito sullo ius soli e ius culturae viene affrontato con superficialità a vari livelli. «Il nostro è uno sforzo verso l’integrazione», spiega Salihi, «un riconoscimento come lo ius soli potrebbe facilitare la vita di tanti giovani e giovanissimi, immigrati di seconda generazione, che spesso sono ben inseriti nei contesti sociali del Paese che li riceve, tanto da diventare diametralmente parecchio distanti dal loro Paese di origine».
TEMPO LIBERO E RELAZIONI. L’integrazione rappresenta una delle problematiche chiave di tutti i quartieri del Progetto Case. E quello di Sant’Antonio non fa eccezioni. Le due aree-gioco sono riservate ai più piccoli e le promesse di realizzazione di una tensostruttura per i giovani e giovanissimi sono rimaste legate alle campagne elettorali. I piccoli hanno degli spazi, ma già i teenager non hanno luoghi di ritrovo e talvolta le aree garage diventano un punto di riferimento, nel bene e nel male. Più di una volta le forze dell’ordine hanno effettuato sopralluoghi antidroga trovando, in almeno un caso, delle sostanze stupefacenti e dell’attrezzatura da spaccio in uno spazio vuoto tra le colonne di un garage. Altra nota dolente è quella legata al campo da basket, da anni nel degrado. Talvolta, quest’area è stata utilizzata per dei botellòn improvvisati.
SICUREZZA E MANUTENZIONE. Qualche volta, però, la socialità è forzata da condizioni strutturali delle palazzine. Lo sa bene la signora Pina, originaria della Puglia ma da 60 anni all’Aquila. «Vivo al piano terra e, non essendoci né balconi, né transenne, quando esco di casa mi ritrovo già all’esterno, a tu per tu con la gente che passa. Una sensazione piuttosto strana. Mi hanno trasferito qui da non molto e faccio fatica ad abituarmi, anche perché casa mia è esposta al pericolo furti e rapine molto più delle altre». Gli interventi di manutenzione straordinaria sono più che altro lasciati alla buona volontà dei residenti che, in qualche caso, si sono trovati ad acquistare alcune lampadine esterne. Qualche volta, specie quando operava la Guerrato, alcuni neon sono stati rimossi senza mai essere sostituiti. Infine, nel corso degli anni, sono stati segnalati vari problemi legati all’infiltrazione all’interno dei garage, dove non mancano cavi scoperti e condutture difettose. Nella piastra 3, la scalinata in legno è stata giudicata pericolante e transennata da tre mesi. Nessun intervento di riparazione e spesso le transenne vengono divelte. (5/ continua)