Incendi, tante le cause ma la follia non c’entra
di Francesco Straticò – Interi territori devastati. Paesini e borghi che ambivano a diventare mete turistiche, finite nelle cronache per incendi ed evacuazioni. Non è edificante pensare che un popolo debba lottare per difendersi da biechi interessi che portano alla distruzione della natura delle nostre stesse case, minacciate e, in molti casi, danneggiate dalle fiamme appiccati da criminali. Perchè questo sono i piromani. Folli? Ma assolutamente no, perchè la sindrome della piromania è davvero molto rara. Ed è relativa a persone particolarmente frustrate, che si “vendicano” della vita che conducono appiccando il fuoco. E spesso lo fanno su loro stessi o sulle loro cose. Per cui, sgombriamo il panorama da questi soggetti, che opererebbero durante tutto l’anno, e non solo d’estate. Quando, invece, c’è la scusa delle alte temperature, spesso portata come giustificazione al divampare di roghi spontanei. Ma se parlate anche con l’ultimo dei vigili del fuoco, vi dirà che il fuoco divampa spontaneamente davvero in pochissime occasioni. Percentuali risibili, sotto l’1%. Anche se ci sono temperature di 40 gradi all’ombra. E allora, non resta davvero che concludere che tutti gli incendi spaventosi che stiamo registrando siano il frutto della mano dell’uomo.
Togliamo ancora una piccola percentuale di “errori umani”, derivanti dalle azioni di incauti (ma non meno colpevoli) agricoltori o pseudo tali che, per fare pulizia nel loro appezzamento di terreno, appiccano il fuoco, che poi magari sfugge al loro controllo per il vento, che lo spinge oltre il preventivato. Una piccola percentuale. Infatti ci sono annate in cui gli incendi erano davvero nella norma, e non si registravano i numeri eclatanti di questi giorni, quando pompieri e protezione civile ricevono centinaia di segnalazioni. Restano quindi i delinquenti. Quelli che appiccano il fuoco per un interesse personale. Vogliamo togliere anche una piccola fetta di persone che lo fanno per dare fastidio al vicino di casa? Ok, togliamo anche quella, che c’è in un mondo in cui le piccole (e grandi) faide tra famiglie purtroppo continuano ad esistere. Ed eccoci arrivati a chi, invece, ha davvero interessi economici nel provocare incendi. Andiamo per ordine di grandezza.
In fondo alla lista, secondo gli esperti, ci sono quelli che vogliono “liberare” terreni per il pascolo. La natura sa il fatto suo, e sui territori percorsi dal fuoco fa nascere subito un bel prato. Utile per capre, pecore e vacche nella prossima stagione. A questi “piromani del gregge” aggiungiamo, come recenti fatti di cronaca hanno dimostrato, anche i disperati che, impiegati come “volontari” di diverse associazioni utilizzate per il soccorso, e anche per lo spegnimento degli incendi, invece di spegnerlo, il fuoco lo appiccano. E solo per potersi garantire 10 euro all’ora. Solo per incassare qualche soldino. Per sopravvivere. Una vera tristezza, che non sminuisce certo le colpe di queste persone. Ma la fetta più grande del business degli incendi, perchè di business si tratta, riguarderebbe altri due settori. Ancora poco indagati. Il primo potrebbe essere legato all’utilizzo degli stessi mezzi aerei usati nello spegnimento dei roghi. Lo Stato italiano ha la flotta aerea più grande del mondo, una ventina di aerei e una decina di grossi elicotteri. Ma è gestita da privati.
L’ipotesi (ed è solo un’ipotesi, ma presa in considerazione anche da qualche procura…) è che gli incendi servano proprio a giustificare l’uso (e le spese relative…) di questi mezzi. Un Canadair (che poi è il vecchio nome del famoso aereo, poi diventato Bombardier ed adesso Viking) costa quasi 40 milioni di euro. Il suo volo costa 14.000 (quattordicimila) euro all’ora. Se moltiplicate per 20 mezzi, per 12 ore al giorno e, diciamo, per 60 giorni di emergenza, vedrete che supererete agevolmente i 200 milioni di euro. E il calcolo è solo approssimativo. Perchè si parla di cifre molto, ma molto superiori. Che però sono sempre ben giustificate dall’emergenza. Perchè in Italia tutto si giustifica per un’emergenza. Non vogliamo certo accusare nessuno, ma il sospetto c’è, se è vero, com’è vero, che la cronaca ci dice che, negli anni scorsi, gli incendi boschivi sono iniziati dopo la firma delle concessioni relative alla gestione degli aerei. Una vera combinazione.
Come se qualcuno pensasse: “se non so per certo che gli aerei ci saranno, non rischio di essere denunciato appiccando il fuoco. Ma se ci sono, e so che c’è qualcuno che puo’ anche pagarmi, allora mi assumo anche il rischio di essere beccato nella mia azione criminale”. Lo fa notare, semplicemente, chi ha incrociato i dati del rinnovo delle concessioni con quelli dell’inizio delle stagioni degli incendi. Ma, naturalmente, in Italia, il Paese del “a mia insaputa”, questo potrebbe essere tutto un caso. Negli ultimi anni, però, l’aumento degli incendi boschivi è ricondotto soprattutto ad un motivo: il proliferare degli impianti di produzione di energia a “biomasse”. Che devono bruciare, guarda caso, legname. E dove lo trovo questo legname, se non me lo fanno tagliare perchè le aree di verde protetto aumentano? Ma se brucia un bosco, la legge dice che, entro un anno, i comuni interessati devono farlo ripulire. Cioè devono individuare una ditta, pagata, naturalmente, che si occupi del taglio degli alberi bruciati, che spesso bruciano solo all’esterno, sulla corteccia, ma dentro il legno è perfettamente utilizzabile. Tagliato e rivenduto. Indovinate a chi?
Certo, si potrebbe tracciare il tutto. Ma davvero è così facile? Qualcuno ha detto che bisognerebbe dotare ogni ceppo di legno di un segnale gps. Per poterlo seguire nei suoi spostamenti e quindi rintracciare. Operazione davvero fantascientifica. Insomma, chi ci guadagna di più nel business degli incendi? I pastori? Chi gestisce i soccorsi? Chi vende i mezzi aerei? Chi ripulisce i boschi? Chi rivende la legna alle centrali a biomasse? Le stesse aziende che gestiscono le centrali, che magari così acquistano il “carburante” a basso prezzo? La matassa è davvero intricata. Al momento, possiamo solo fare supposizioni. Nella speranza, e nell’attesa, che un buon magistrato scopra gli altarini. E chissà, magari si potrebbe arrivare anche ad un livello “politico”…