Quella slavina che incombe su Villa Santa Lucia
La Regionale 17 bis che da Ofena porta a Villa Santa Lucia è un cimitero di alberi. Querce e faggi spezzati, rami infilati nella neve accatastata ai lati della strada. Qui l’abnorme nevicata che ha messo in ginocchio l’Abruzzo ha lasciato tracce pesanti. Non tanto nelle strade e nei muri (il piccolo paese medievale del Parco nazionale, nascosto alle pendici più a sud del Gran Sasso, è raggiungibile già da mercoledì 18, grazie al lavoro del Comune e dei vicini di confine), quanto nell’anima di uno dei borghi più belli a ridosso della Valle Tritana.
Con un’ordinanza del 20 gennaio il sindaco Antonio Paride Ciotti, 66 anni, ex dipendente della cancelleria del tribunale dell’Aquila, ha fatto evacuare diverse strade a ridosso del Rione Rantino. Anche il municipio è stato spostato a Ofena, perché la zona è minacciata da una slavina che si è staccata dalla montagna che i villesi chiamano “il Monte di Villa”. La valanga fa compagnia ad altre 5 slavine, e quasi lambisce il centro abitato. Il Comune di Villa può contare su un personale ridotto all’osso: una segretaria, un tecnico comunale e un ragioniere una volta a settimana. A cui si aggiungono un impiegato dell’Anagrafe, un assunto con co.co.co per la ricostruzione, un vigile urbano e un operaio assunto con progetto sociale. Proprio ieri mattina la Commissione per il rischio valanghe della Regione ha inviato per un primo sopralluogo due tecnici della Valle d’Aosta, che hanno risalito la montagna con gli sci. Ma basterà? Bisogna fare presto. «Faccio un appello alla Regione, alla Protezione civile e a tutte le istituzioni», dice il sindaco, «a mettere in sicurezza il nostro paese da questa slavina. Il 10 febbraio termina l’ordinanza di evacuazione e devo sapere cosa dire ai miei concittadini».
Un futuro prossimo, intende dire il sindaco, perché l’inverno non è finito e la slavina ormai ha aperto il suo varco travolgendo il bosco: la “defense”, come la chiamano a Villa. Ironia del destino, proprio nell’ultimo anno e mezzo la ricostruzione post-sisma è finalmente partita, 4-5 gru svettano in alto sui cantieri di altrettanti aggregati in ricostruzione. Ma piazza Garibaldi è deserta. «Enzo Tortora (il conduttore Rai vittima nel 1983 di uno dei più eclatanti casi di malagiustizia, ndc) in una delle sue lontane visite la definì la terrazza d’Abruzzo», ricorda il sindaco.
A dormire nelle vecchie case arroccate splendidamente sono rimasti in 12 nella frazione di Carrufo e in 20 a Villa Santa Lucia: 40 in tutto, cento abitanti in meno. Il vero spopolamento è cominciato già con il terremoto del 2009, prima di quell’anno maledetto il paese stava rinascendo, si popolava d’estate e a Natale. «Alcuni turisti di Pescara e Roma avevano acquistato una casa qui», ricorda il sindaco, «sono quasi tutte seconde case di villesi di ritorno e turisti. Le istituzioni devono aiutarci a non far morire questi borghi».
Resta ancora chiusa la strada che collega Campo Imperatore a Villa, una decisione precauzionale perché nessuno ha potuto controllare le sue reali condizioni dopo le nevicate dei giorni scorsi. «Va riaperta anche quella», conclude Ciotti, «perché un’altra via d’uscita è indispensabile». (m.g.)