Elicottero caduto, il dolore in ospedale: “Vedo l’armadietto vuoto e piango”
L’armadietto del dottor Bucci lo distingui facilmente dagli altri. Il medico di Rocca di Cambio, morto nello schianto dell’elicottero, lo lasciava sempre aperto. Dentro c’è poco o niente, a parte uno o più oggetti in dotazione nel kit di primo intervento; del resto, la maggior parte del personale raggiunge la postazione nel piano seminterrato con indosso gli abiti tecnici per entrare in azione. Ma ieri mattina, per i colleghi del pronto emergenza, entrare e trovarsi davanti quell’armadietto semivuoto è stato un colpo al cuore.
«Nello spogliatoio io e Walter ci cambiavamo uno di fronte all’altro e, tra una battuta e l’altra ci si preparava a partire», ricorda Americo Scarsella, collega medico del 118, tra i primi a intervenire sul luogo dello schianto. «Appena sono entrato e ho visto la sua roba nell’armadietto non ce l’ho fatta a trattenere le lacrime. Come fai? Negli ultimi tempi abbiamo condiviso tutto. L’altro giorno ero con lui sul fronte di Rigopiano e lo abbiamo rifocillato quando è rientrato, infreddolito, dopo un intervento di soccorso che si è concluso all’1.30 di notte. Eravamo amici, compagni di “scuola” e di lavoro».
Medici e infermieri sono a pezzi. Ma da queste parti, per piangere non c’è mai abbastanza tempo, perché i telefoni squillano di continuo, specie in un momento delicato come quello che stanno affrontando L’Aquila e il suo comprensorio, tra emergenza maltempo e necessità di continui trasferimenti dai presìdi sanitari più esposti al rischio sismico. E poi c’è l’attività ordinaria. Niente elicotteri a disposizione, c’è un solo intervento aereo che è stato portato a termine a Ovindoli da un velivolo proveniente da Pescara, sprovvisto di verricello. Ma già oggi, arriverà da Como un mezzo identico a quello che si è schiantato a Campo Felice. Tutti sanno che tornare a bordo sarà dura dopo quello che è successo. Tutti sanno che si dovrà tornare a fare i conti col verricello e col vento che in quota non ti dà tregua. Ma nessuno si tirerà indietro.
«Questo si dovrebbe sapere», sottolinea Scarsella, «tante volte la gente se la prende con noi lamentandosi dei ritardi sugli interventi. In tanti pretendono un elicottero e un’ambulanza, ignorando in quali condizioni siamo costretti a lavorare. Per un incidente sugli sci, ben cinque padri di famiglia non torneranno a casa, lasciando orfani i loro bambini. Il mio pianto è per questi cuccioli». Parole a cui fanno eco quelle dei volontari della Croce Bianca: «I tanti anni in cui abbiamo affiancato il personale del 118 del capoluogo fanno sì che il nostro dolore sia ancora più forte e il vuoto ancora più grande. Non riusciamo a immaginare quale possa essere il senso di sgomento che la loro perdita lascia in chi gli è stato vicino per una vita o in chi abbia avuto la fortuna di lavorare con loro. Le doti umane delle persone rimaste vittima nello schianto, hanno fatto di loro degli esempi da seguire ed è per questo che oggi fino all’ultimo dei loro amici e conoscenti li piangono con immenso dolore. Rimarranno per sempre nel nostro cuore».