L’Aquila, corteo contro il carcere duro
27 Giugno 2016 Condividi

L’Aquila, corteo contro il carcere duro

Da una parte la protesta fatta di zaini, t-shirt sudate, musica a basso costo, megafoni e petardi. Dall’altra il cordone dei celerini. Una fila immobile schierata davanti a una delle reti laterali del carcere delle Costarelle, sotto il sole cocente delle due del pomeriggio. Caschi blu, manganello sfollagente e scudi. Almeno 20 scudi. Un agente impreca. Una, due, tre volte questa cosa degli scudi non gli va proprio giù. D’altra parte, i manifestanti non sono tantissimi e le intenzioni sono tutt’altro che violente. Ma niente, c’è da stare in linea perché non si sa mai. E mai si è saputo, fortunatamente.

La protesta contro le prescrizioni del carcere duro, contrariamente a quanto accadde nove anni fa in un’occasione analoga, non ha registrato incidenti di alcun tipo. Solo slogan, anche pesanti, contro il 41 bis. Gli 80 manifestanti si sono ritrovati all’Aquila partendo da Roma, Milano, Bologna e Parma, qualcuno è arrivato da Palermo. Un breve corteo alle porte del centro. Dall’inizio del corso fino allo stadio, poi in bus verso Preturo (solo 35 manifestanti dei circuiti extraparlamentari). Niente manifestazioni sul corso, vuoi perché sarebbe stato uno slalom tra i cantieri, vuoi perché non è stata accolta la richiesta iniziale degli organizzatori di far partire la manifestazione dalla Villa Comunale a causa di eventi concomitanti.

La protesta. «Schiavi del sistema», «Libertà per tutti», «Meritate di morire»,«41 bis=tortura». Gli slogan scanditi sono tanti, ma il volantinaggio si concentra sulla campagna “Pagine contro la tortura”. «Una sentenza della Cassazione del 2014», hanno detto a più riprese gli organizzatori, facendo riferimento ai volantini distribuiti, «stabilisce il potere assoluto delle circolari del Dap, per cui chi è sottoposto al regime di 41 bis, non può più ricevere libri e stampa in genere, se non acquistandoli a caro prezzo tramite il carcere. Quest’ulteriore censura, oltre al limite di detenere in cella un numero esiguo di testi, si aggiunge a un lungo elenco di gravi restrizioni, anche oggetto d’indagine della Commissione diritti umani del Senato».

IMG_20160625_122705“La lettura è una porta sul mondo”, come ha detto Mattarella, che molti non attraversano pur potendo e che invece è sprangata a vita per chi è recluso in 41 bis». Di qui l’affondo: «Impedire che terze persone vengano a conoscenza dell’istituto di assegnazione dei detenuti» e «agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria sono le assurde motivazioni accampate per questa tortura bianca, esemplari del grado di inciviltà e di imbarbarimento di questo sistema». A sfilare anche l’ex brigatista modenese Paolo Maurizio Ferrari, 70 anni di cui oltre 30 passati in carcere e Lello Valitutti, storico manifestante in sedia a rotelle.

IMG_20160625_134632Il 41 bis. Adottato trent’anni fa, si è via via inasprito ed esteso. Questa condizione detentiva è imposta oggi a oltre 700 persone. In particolare, da una recente indagine conoscitiva emerge un quadro «raccapricciante sulle condizioni detentive nella sezione femminile speciale delle Costarelle, peggiore di Guantanamo e di Alcatraz», lo definì Giulio Petrilli, ingiustamente sottoposto al carcere duro per quattro dei sei anni di reclusione (dall’80 all’86). È tra i manifestanti «anche se non sono qui per prendere posizioni pro o contro Nadia Desdemona Lioce, ma per condividere la mia esperienza. Ne farò anche un libro».

L’intuito dell’organizzatrice Luigia De Biasi di contattare la proprietaria del campo adiacente al carcere, con tanto di visura catastale, ha permesso uno spazio per la manifestazione. Per convincere la proprietaria ci sono voluti 100 euro, ma vuoi mettere la possibilità di farti sentire fino alle celle? Dagli asciugamani appesi, qualcuno ha gradito. Non il sindacato di polizia Coisp, che ha espresso soddisfazione «per il flop della manifestazione» rimarcando quanto sia stato imponente lo schieramento di agenti – «oltre 150 persone» – in confronto al numero dei manifestanti.

di Fabio Iuliano – fonte il Centro