L’Aquila dei ragazzi non è solo centri commerciali
Due gennaio, anno del Signore 2016. La signora Patrizia incalza il sindaco Massimo Cialente su Facebook: «Che palle questa città di sabato sera, non sapere cosa poter fare specie se sei una famiglia con bambina… e dateve ‘na mossa». Il primo cittadino, che di solito ha i tempi di reazione molto rapidi sui social network, stavolta non si mette fretta. Lascia passare 36-48 ore e poi replica commentando: «Mi scusi signora. Sono due giorni che mi chiedo cosa lei avrebbe potuto fare con una bambina di sabato sera a Pescara o Roma o Teramo o Chieti. O Vercelli. La prego, mi faccia sapere. Il dubbio mi attanaglia». Una risposta, quella di Cialente, che non fa una piega visto il freddo e il periodo. È vero anche, d’altro canto, che per molte persone cosa fare il sabato sera – così come tutti gli altri giorni della settimana – rappresenta un problema. Specie per i più giovani.
LA CITTÀ DOPO IL SISMA. Specie in una città che dopo il sisma è diventata un cerchio che ha perso il suo centro. Nel cuore di tanti ragazzi che ricordano cos’era la vita prima del 6 aprile, c’è un buco nero difficile da colmare. Difficile anche da indagare. Ci hanno provato gli studenti del Centro sperimentale di cinematografia, nell’ambito del progetto “L’Aquila il mio futuro è qui”. Coordinati dal regista Daniele Segre e dal sociologo Stefano Laffi, gli studenti hanno realizzato non solo documentari audio-video, ma sono arrivati a elaborare una mappa che riporta i principali luoghi in cui i giovani scelgono di incontrarsi, o che rappresentano punti di interesse per attività di studio, svago e sport. Insomma, oltre all’Aquilone c’è di più. Da generazioni di aquilani, le nicchie, i portici e i quattro cantoni sono il punto di ritrovo privilegiato dei giovani, soprattutto degli adolescenti compresi tra i 14 e i 19 anni. I ragazzi più adulti tendono invece a ritrovarsi nei locali, fuori dal centro o alle porte di esso. Oppure a evadere verso altre città, sfruttando il fatto che L’Aquila è a 100 chilometri dalla costa adriatica e altrettanti dalla capitale.
LA MAPPA. «La mappa è una traccia storica di questo particolare momento di riferimento», spiega Segre che è direttore didattico della sede Abruzzo del Csc. «L’Aquila, per ovvi motivi si è trasformata e questo ha scatenato in molti giovani e giovanissimi l’istinto a inventare nuovi luoghi di ritrovo, andando oltre le convenzioni “consumistiche” di centri commerciali come quelli posti alle periferie metropolitane». Andare sulle tracce di questo istinto è stato l’impegno degli allievi del corso che nel giro di qualche settimana hanno fotografato e raccontato ciascuno di questi punti di riferimento, tutto questo senza tralasciare i centri di apprendimento, come l’Accademia delle belle Arti, i poli universitari (Coppito, Roio e Scienze umane), il Gran Sasso Science institute, le scuole di Collesapone, così come la stessa sede Csc nei pressi della Stazione.
IL PERCORSO. Un percorso che non prescinde dalle aree sportive, da Centi Colella a piazza d’Armi con il suo skate park, fino ad arrivare al campo di Paganica, dal lato opposto. C’è tanto fango, c’è tanto rugby, un gioco che è metafora di una generazione che non si arrende. L’Aquila dei ragazzi è anche la città dei parchi, da Collemaggio, dove nelle belle giornate si arriva a gruppi per prendere il sole e giocare a basket. Il parco del Sole è frequentato la domenica o, durante la settimana quando i ragazzi, finita la scuola, si fermano qualche ora prima di prendere il bus per tornare a casa. C’è da dire, a onor del vero, che qualcuno salta in blocco le lezioni per farsi trovare da queste parti, ma questa è un’altra storia.
IL PARCO DEL CASTELLO. E poi c’è il parco del Castello con le sue strutture aperte a giovani di tutte le età e in qualsiasi periodo dell’anno. Una città che è fatta anche di locali storici, come “Ju Boss”, il cui aperitivo della Vigilia di Natale è entrato a pieno diritto tra gli appuntamenti cittadini imperdibili. Ma la geografia di pub, bar e discopub riparte dalle installazioni provvisorie di viale della Croce Rossa, dove vai a prendere un panino da Stefania e ti ritrovi a parlare con Rocco Siffredi, ospite qualche sera fa del Be One (all’Aquila succede anche di questo).
MUSICA E ARTE. E poi, ancora, verso la Fontana Luminosa, dove c’è la Bottiglieria dello Zio e tutto quel microcosmo di iniziative spontanee tra musica, arte e letteratura. La città dei ragazzi che attraversa via Garibaldi e piazza Chiarino, tra birrerie, trattorie e ristoranti. I portici con il bar del Corso, piazza Duomo con il bar Nurzia. Le periferie dei nuovi locali, tra discopub e punti di riferimento per la musica live, tra Irish Cafè e Pocoloco. Tutto questo, senza tralasciare l’offerta culturale di Casematte e dell’Asilo Occupato.
IL SOCIOLOGO. «Inaspettatamente, la scena musicale è molto cresciuta dopo terremoto», valuta il sociologo Laffi. Di base a Milano, tiene corsi e seminari in tutta la Penisola ed è anche lui docente del Centro sperimentale. «Tanti i gruppi, tante le nuove band, forse è un modo anche questo per riaffermare un rinnovato legame con il territorio, per vivere un senso di appartenenza senza precedenti a una terra fragile». Uno strano rapporto, tra chi ricorda con nostalgia le notti in centro prima della scossa e chi – tra i più giovani – si trova a vivere la realtà di questi anni senza termini di paragone. «Certo, l’ambiente circostante influenza chi lo vive», ammette Laffi citando “La teoria delle finestre rotte”, in relazione alla capacità del disordine urbano e del vandalismo di generare criminalità aggiuntiva e comportamenti anti-sociali.
L’ESPERIMENTO. Il riferimento è a un esperimento condotto nel 1969 nell’Università di Stanford. Un professore lasciò due auto abbandonate in strada: due vetture identiche, la stessa marca, modello e colore. Una fu lasciata nel Bronx, quindi una zona povera e conflittuale di New York; l’altra a Palo Alto, una zona ricca e tranquilla della California. Due identiche auto abbandonate, due quartieri con popolazioni molto diverse e un team di specialisti in psicologia sociale, a studiare il comportamento delle persone in ciascun sito.Venne fuori che l’automobile abbandonata nel Bronx cominciò ad essere smantellata in poche ore. Perse le ruote, il motore, specchi, la radio, e via dicendo. Tutti i materiali che potevano essere utilizzati furono presi, e quelli non utilizzabili vennero distrutti. Dall’altra parte, l’automobile abbandonata a Palo Alto, rimase intatta. Fa parte del senso comune attribuire le cause del crimine alla povertà. Tuttavia, l’esperimento in questione non finì lì: la vettura abbandonata nel Bronx fu demolita. A quella a Palo Alto – dopo una settimana era ancora illesa – i ricercatori decisero di rompere un vetro. Un gesto che avviò un processo analogo a quello del Bronx: furti, violenza e vandalismo rovinarono il veicolo nel giro di poco. In tal senso, tornando al caso L’Aquila e fatte, ovviamente, le dovute proporzioni, è di tutti la responsabilità di dare a questo tessuto urbano dei connotati diversi. Lo studio del Csc assume un valore universale, grazie a un linguaggio che si apre all’esterno. «Le nostre esposizioni», ricorda Segre, «vengono promosse anche fuori città. “L’Aquila, frammenti di memoria” è stata protagonista del Festival internazionale del giornalismo di Perugia. Valorizziamo così il lavoro dei nostri allievi, quasi tutti di fuori Abruzzo».