Radio L’Aquila 1, un calcio al terremoto
La scossa delle 3,32 fa fuori metà delle apparecchiature e per qualche ora gli studi rimangono anche senza corrente. Ma dopo un po’ la radio torna comunque a trasmettere, almeno in streaming. In quei giorni, tra una canzone e l’altra, chi si collega sul sito di Radio L’Aquila 1 ascolta in loop il notiziario del 4 aprile. La cronaca di una città che non c’è più. D’altronde, il terremoto non ha mai impedito all’emittente di fare quello che ha sempre fatto: raccontare aneddoti della nostra comunità, tra attualità e politica. Nella storia recente del capoluogo, Rl1 è tra i media più longevi.
GLI ESORDI. Tutto nasce quasi per gioco all’inizio degli anni Ottanta, in un momento in cui in città gli esperimenti radiofonici erano diversi: Radio Città, Radio L’Aquila, Radio Europa, Radio Galaxy, Radio Onda Zero, Radio Gran Sasso, Radio Capital e Radio 7g7. Ogni realtà a caccia del suo pubblico. Una bella sera del 1981, tre amici di vecchia data, Nicola Berardi, Mario Santavicca e Giovacchino D’Annibale si trovano a cena e, tra una portata e l’altra, iniziano a sondare le possibilità di dar vita a un’altra realtà radiofonica. Detto fatto. «Grazie ai fratelli Bontempo», ricorda D’Annibale, editore e direttore responsabile di Rl1, «abbiamo trovato un locale a Paganica da attrezzare con apparecchiature di bassa frequenza, rimediate grazie alla disponibilità di aziende come Altieri». L’interno della vecchia abitazione diventa così uno studio a tutti gli effetti arredato molto artigianalmente e sul tetto viene fissata un’antenna artigianale. Ma nulla, dal punto di vista del progetto imprenditoriale, è lasciato al caso. È forse questo l’elemento che proietterà Rl1 oltre le 33 candeline. Da quello studio, il 14 gennaio 1982 la voce baritonale di Berardi annuncia la prima canzone, lanciando con essa il nome originario dell’emittente: Radio Valleverde. «Buonasera ai nostri radioascoltatori, da Nicola “il rustico” un buon ascolto sulle frequenze», sono le parole che arrivano nelle case e nelle auto di chi si sintonizza. E subito dopo parte «Comprami» di Viola Valentino. Nei primi anni, la radio inizia a strutturarsi puntando molto sull’informazione, senza neanche aspettare le indicazioni della legge Mammì che, a partire dal 1990, imporrà il tg a tutte le emittenti. «Negli studi di Paganica», ricorda D’Annibale, «si sono fatti le ossa giornalisti locali come Cristian Bonanni, Angela Baglioni, Stefano Castellani, Enrico Nardecchia e Monica Pelliccione, confrontandosi con la cronaca e con lo sport, mentre Claudio Alfonsetti è l’unico collaboratore che è rimasto con noi sino a oggi». Sembra un secolo fa. Oggi il lavoro è tutto in digitale, mentre prima si faceva a cazzotti con nastri e vinili.
IL NUOVO CORSO. Gli anni Duemila segnano una svolta. Radio Valleverde diventa Radio L’Aquila 1 e lo studio, da Paganica, finisce in via dell’Indipendenza, di fronte alla Banca d’Italia, a pochi metri da piazza Duomo. «Per molti, rispetto alla città», sentenzia D’Annibale, «provenire dall’hinterland sembra quasi una deminutio. È sicuramente sbagliato, ma anche per questo abbiamo preso macchinari e antenne e ci siamo spostati». Gran parte delle emittenti non esiste più, di qui la scelta di cambiare anche nome. «Radio L’Aquila 1» non va confuso con «Radio L’Aquila», l’emittente partita negli anni Settanta che tra i suoi giornalisti ha visto gente come Andrea Fusco,Giampiero Giancarli, Carlo Gizzi, Dante Capaldi, Giampaolo Arduini, Ugo Colista. Rl1 fa parte del circuito «In blu», che fornisce notiziari e rassegne stampa nazionali. Il resto lo fanno i tg locali, registrati con tecnologie digitali che facilitano molto la vita a giornalisti e tecnici. Riempiono il palinsesto programmi di approfondimento sulla musica, sull’oroscopo, ma anche sul panorama politico, religioso e sociale della città. «Su questo punto», prosegue D’Annibale, «mi preme sottolineare che abbiamo lasciato i microfoni aperti a tutta la città, impedendo a un partito di prevalere sugli altri. Forse, molte radio sono state costrette a chiudere anzitempo proprio per aver guardato troppo a destra o troppo a sinistra». Rl1 naviga a vista nei primi Duemila, trasmettendo spettacoli e concerti in diretta, anche in streaming. I figli di D’Annibale, Elio e Alessandro, prendono altre strade professionali, ma non mancano mai di condividere col padre qualche idea da lanciare nell’etere.
IL TERREMOTO. Torniamo al sisma che rende inagibili i locali danneggiando completamente tutte le apparecchiature. «In quei momenti abbiamo pensato che ormai per Radio L’Aquila 1 non ci sarebbe stato più niente da fare», ha spiegato D’Annibale che per qualche mese è stato sfollato a Vasto. «Ma così, fortunatamente, non è stato. La caparbietà e la volontà della ciurma, a partire dal nuovo acquisto Vanni Biordi, con il concreto e insostituibile aiuto di operatori del settore radiofonico del Nord Italia, hanno fatto sì che dopo meno di 10 giorni dal sisma Radio L’Aquila 1 potesse tornare a farsi sentire». È la Protezione civile a permettere all’emittente di rifare il primo passo. «Mi ha chiamato Fabrizio Caporale, per conto del Comune», ricorda il direttore, «dicendo che per protocollo il dipartimento di Bertolaso aveva bisogno di un’emittente locale per divulgare informazioni di pubblica utilità. Siamo ripartiti trasmettendo dai locali del Com 1 in via Scarfoglio». Poi arriva il container nel cortile Meridiana, fino ad arrivare al trasloco nei locali moderni e accoglienti di via Saragat 24, nel nucleo industriale di Pile. Un sogno lungo 33 anni ancorato su un buon progetto imprenditoriale. Ai microfoni di Biordi, un bel giorno si presenta anche Fiorello, dando il «la» a un’idea per far rivivere la radio: un film che parli dell’Aquila, di tutto quello che era il centro storico fino al 6 aprile. Degli studenti e delle notti universitarie, coi notturni radiofonici sullo sfondo. E il segnale che arriva fino alle 3,32. Poi il vuoto.