L'Aquila, l'applauso dei 500 dopo le dimissioni
L’AQUILA. L’appuntamento era al tramonto, in piazza Duomo, ma tutti ieri pomeriggio avevano le orecchie tese aspettando che dal municipio trapelasse qualcosa dalla conferenza stampa convocata in contemporanea da Massimo Cialente. Così, la mobilitazione dal titolo #Dimettiamoli stava diventando qualcosa come «Il sindaco si dimetterà?».
Poi, alle 17.50, ancora prima che la notizia del passo indietro venisse proclamata urbi et orbi da Villa Gioia, il giornalista Nello Avellani (NewsTown) – moderatore del dibattito – ha preso il microfono, annunciando la resa di Cialente e scatenando un applauso generale dentro e fuori il tendone di piazza Duomo, gremito come non succedeva dai tempi delle carriole.
Almeno in cinquecento hanno risposto all’iniziativa promossa dai movimenti civici di Appello per L’Aquila, Assemblea cittadina, Comitato 3e32, Consiglio civico e L’Aquila che vogliamo. Una mobilitazione lanciata non solo per prendere le distanze da quella parte di amministrazione che si è resa protagonista nello scandalo dei quattro arresti per tangenti legate agli appalti del post-terremoto, ma anche per ribadire che in questi 5 anni di post-sisma è stato fatto troppo poco per la ricostruzione.
«Questa assemblea è qui per chiedere scusa al resto d’Italia a nome di chi avrebbe dovuto farlo al posto nostro», il consigliere comunale Ettore Di Cesare ha accolto così i presenti. «Il sindaco non si è dimesso: è la città che lo ha dimesso. Il numero delle persone intervenute costituisce un chiaro segnale che serve un cambio di rotta. Siamo pronti ad andare alle elezioni subito. Bisogna votare a maggio e ricominciare da capo».
Sulla stessa linea, l’altro ex candidato sindaco Vincenzo Vittorini (Lcv): «La città deve farsi sentire: in questi 20 giorni nei quali il sindaco potrebbe recedere dalle dimissioni perché ci ha abituato a questo». Di fatto, se è vero che Cialente ha parlato di dimissioni irrevocabili, non c’è niente di irrevocabile in politica. «Serve il fiato sul collo», ha incalzato, «L’Aquila si deve svegliare e dobbiamo riscattarci e togliere un’onta e un marchio per la città attuale e futura. Vogliamo verità e trasparenza sulle incresciose vicende che occupano le pagine di tutti i giornali d’Italia, ma anche su tutto quello che ha determinato la strage del 6 aprile 2009. Il danno alla città dell’Aquila è cosa fatta e i cittadini devono pretendere la verità su quanto accaduto, visto che il Comune non lo ha fatto fino adesso». Diversi gli interventi in assemblea, a partire da quello dell’antropologo Antonello Ciccozzi che ha parlato di tante forme di corruzione. «All’Aquila», ha detto, «la corruzione riguarda anche scelte come la localizzazione del progetto case oppure interventi di “rattoppo” alla scuola De Amicis». Anna Colasacco ha ribadito l’importanza di «essere in tanti a chiedere trasparenza», mentre Annalucia Bonanni del comitato 3e32 ha ripercorso le mobilitazioni di questi anni. «Abbiamo lottato tanto come comitati», ha ricordato. Una parte di noi è confluita in liste civiche. Abbiamo criticato le lacune di questa amministrazione che non ha saputo gestire la ricostruzione e che ora non è più credibile. Il problema non è il sindaco, un assessore o un dirigente. È un sistema corrotto e marcio che deve andare a casa».
È stata proprio lei a rilanciare la proposta di una manifestazione unitaria per sabato prossimo, da unire a dei sit-in spontanei nel corso della settimana. Un’assemblea che è stata piuttosto severa nei confronti della politica cittadina di vecchio stampo. Fischi e insulti hanno accolto Antonello Bernardi, consigliere comunale del Pd, quando ha preso la parola. «Dovete andare a casa», hanno urlato in tanti. «Ho combattuto per questa città», è stata la sua replica, mentre la gente gli gridava di lasciare il partito.
di Fabio Iuliano – fonte il Centro