21 Agosto 2009 Condividi

Tendopoli, quattro mesi sono troppi

di Fabio Iuliano

L’AQUILA. Dall’esigenza di razionalizzare le risorse – nella prospettiva di chiudere i campi a settembre – alle tensioni dovute alla convivenza forzata. Si fa sentire la stanchezza di quattro mesi passati in una tenda, specialmente per tutti quelli che hanno ripreso una vita lavorativa normale. Una sfida per i 20mila terremotati, sistemati nelle 138 tendopoli ancora attive nel cratere, tra l’escursione termica tra il giorno e la notte, le carenze igieniche, i controlli e le «ronde» notturne. Una realtà che i comitati cittadini tornano ancora una volta a denunciare. Tendopoli 0001

LA MENSA. «No badge no party». Una graziosa volontaria tedesca della Maltaser International accoglie così gli sfollati della tendopoli di Roio Poggio, all’ingresso della mensa. Per l’erogazione dei pasti hanno distribuito ai residenti uno speciale badge con il codice a barre. Prima di mangiare, bisogna far scorrere il tesserino come in un supermercato. Malgrado i modi gentili, è difficile che la volontaria lasci passare qualcuno senza il bip del lettore ottico. Qualsiasi pasto extra va concordato col capocampo. Alcuni residenti non nascondono delle perplessità. «I volontari ammettono poche eccezioni a mensa», spiega Claudia Pagliariccio, «salvo poi presentarsi a tavola in 50, tutti dell’Ordine di Malta. E tocca a noi del campo, aiutare in cucina a rassettare». Alcune delle persone rimaste nella tendopoli lamentano, a tal proposito, di dover effettuare dei turni di lavoro estenuanti, specie se si abbinano all’esigenza di spostarsi per lavoro o per le tante formalità burocratiche da espletare in questi giorni. Angelo Bozzetti, il capocampo, minimizza: «Esiste una circolare della Protezione civile che suggerisce la collaborazione dei residenti del campo nelle mansioni ordinarie e poi non ci siamo mai trovati a negare un piatto a nessuno anche se avremmo tutto il potere per farlo visto che i pasti dobbiamo rendicontarli». LE RISORSE. Il problema, secondo Bozzetti non è tanto legato ai viveri «che arrivano ogni giorno a sufficienza», quanto alle risorse materiali. «Nelle ultime settimane», spiega, «ci siamo visti bocciare tante richieste necessarie per la nostra tendopoli. Ad esempio, esistono ancora tante tende senza reti ombreggianti perché non ci hanno autorizzato l’acquisto della seconda tranche. Ultimamente diventa difficile anche farci dare delle puntine da disegno». Situazione condivisa anche nelle tendopoli di Coppito e del Globo. L’IGIENE. La situazione della tendopoli di Roio, come quella di molte frazioni aquilane, tra cui San Gregorio – che finalmente ha installato i supporti parasole – risente di carenze legate al servizio pubblico di smaltimento rifiuti ordinari. Molte fosse Imhoff, le vasche biologiche dove si raccolgono gli scarichi dei bagni, non vengono spurgate regolarmente e questo genera cattivi odori. Le cucine delle tendopoli principali sono controllate periodicamente (ogni 10 giorni) dai Nas. LA SANITA’ Molti presidi sanitari sono stati smantellati ed è difficile reperire, in molti campi, anche del materiale di pronto soccorso. Questo costringe i responsabili delle tendopoli a chiedere l’intervento del 118, spesso coadiuvato dal personale della Misericordia, anche per patologie o traumi semplici. Per quanto concerne il rischio di diffusione dell’influenza suina, è stata annunciata una massiccia campagna di vaccinazione per le popolazioni aquilane colpite da terremoto, non appena sarà disponibile il vaccino. La richiesta è stata fatta per oltre 13.500 dosi di farmaci antivirali. SICUREZZA. La segnalazione del fotoreporter Marco D’Antonio ha costretto i volontari del campo di Acquasanta, nella parte gestita dalla Protezione civile friulana, a rimuovere il cartello «limite invalicabile, vigilanza armata». Intanto, però, a Piazza d’Armi alcuni residenti stanno promuovendo una petizione per richiedere maggiore vigilanza delle forze di polizia nelle ore notturne.