Rocca Calascio, bellezza da valorizzare
Viaggio nel castello ritenuto da National Geographic tra i 15 più belli del mondo. Tante potenzialità ma anche carenze
CALASCIO. Non ti aspetti di trovare il tappeto rosso sulla strada per la Rocca – icona dell’immaginario collettivo della nostra comunità – protagonista indiscussa di diversi film entrati nella storia della cinematografia contemporanea, tra cui le produzioni americane «Lady Hawke», «Il nome della rosa» e «Il viaggio della sposa». Ma la via che conduce a quello che viene indicato da National Geographic come uno dei 15 castelli più belli del mondo, è segnata da transenne semidivelte, sterpaglie ma anche fanghiglia e pozzanghere ghiacciate. In un percorso che tecnicamente sarebbe da considerarsi “chiuso” al pubblico da ordinanze mai applicate. IL VIDEO
Per carità, non stiamo dicendo che per salire alla Rocca bisogna dotarsi di ramponi o attrezzatura da trekking. Ma le persone (pochine questo periodo) che fanno un giro da quelle parti attraversano un percorso forse non all’altezza con la bellezza mozzafiato di questi colori.
Le geometrie lineari del castello si accostano perfettamente a quell’ideale unico e perfetto di una struttura che spesso ritorna nei sogni e nelle favole, nella fantasia dei bambini e nelle suggestioni dei grandi. Cerchi con lo sguardo le segrete del castello e non fai fatica a immaginare uomini costretti alla mercé di un potente o di una nobildonna. E poi entri nel forte e cerchi di guardare fuori, attraverso le feritoie. Da quel punto di vista – a 1460 metri d’altezza – il Gran Sasso, il Sirente, la Majella – trovando la loro unione sulla linea di orizzonte comune. Uno scenario unico che da solo attira ogni anno migliaia di turisti, da tutta la Penisola, ma anche dall’estero. In questo, il fatto di essere a meno di due ore di macchina dalla capitale rappresenta un vantaggio non da poco.
VALORIZZAZIONE. Ma quanto altro potrebbe rendere in termini turistici e sociali un’opportuna valorizzazione del borgo di Rocca Calascio nel suo insieme? Importanti restauri conservativi e integrativi sono stati compiuti tra il 1986 e il 1989; essi hanno contrastato il degrado strutturale favorendo il recupero architettonico e funzionale dell’intero fabbricato e in particolare della torre centrale quadrata. All’epoca l’intero borgo portava ancora i segni del sisma del 1703, così come oggi la tenuta di varie costruzioni, anche all’interno del complesso medievale, è stata messa alla prova dal terremoto del 6 aprile. Parallelamente, l’amministrazione comunale ha portato avanti alcune iniziative per migliorare la fruibilità e l’accesso alla zona.
Dall’inizio degli anni Novanta, l’attuale sindaco Antonio Vincenzo Matarelli – primo cittadino anche in passato fino al ’92 – fu tra le persone che coordinarono azioni di manutenzione, a partire dal borgo. «Acqua e gas arrivarono fino alla Rocca», ricorda il vicesindaco Franca Fulgenzi, «i sentieri furono ripuliti e più volte è stata predisposta una pavimentazione, anche nella piazza antistante la rocca dove c’è Madonna della Pietà». L’assessore fa riferimento alla particolare chiesa ottagonale costruita nel 1451 in direzione del Corno Grande. Altra nota dolente è che visitare questa struttura all’interno è praticamente impossibile salvo autorizzazioni da parte della Curia. «Di fatto», spiega Claudio Benedetti, un volontario della Nuova Acropoli, «il portone della chiesa rimane sbarrato anche durante i mesi estivi, quando il flusso di visitatori ed escursionisti è piuttosto elevato. È un vero peccato».
NIENTE SERVIZI. Associazioni come Nuova Acropoli cercano di tenere viva questa zona, programmando escursioni periodiche anche nelle stagioni di minore frequentazione. Ma i volontari sanno di poter contare solo sulle proprie forze, in un’area di totale assenza di servizi. L’assenza di pavimentazione è un altro problema. «Residenti indisciplinati», continua la Fulgenzi, «usano mezzi cingolati per il paese rovinando mani d’asfalto e sampietrini. Fare i controlli non sempre è facile».
Gli unici bagni pubblici da queste parti sono all’interno del ristorante e del rifugio di Rocca Calascio. «Non è certo colpa nostra se il Comune non mette a disposizione dei visitatori i locali di sua proprietà in paese», spiega Susanna Salvati, consigliere comunale, candidato alla carica di primo cittadino all’ultima tornata elettorale, ma anche titolare della gestione del rifugio insieme al marito. «Chiediamo da anni un’attenzione maggiore al borgo, ma qui l’amministrazione preferisce anteporre le proprie battaglie personali a una visione di insieme. Ad esempio, un rudere minaccia la nostra casa sita in un altro angolo del paese. Anziché provvedere alla messa in sicurezza della zona si preferisce lasciare tutto com’è e “far scappare” i pochi abitanti rimasti con apposite ordinanze di sgombero. È tutto quanto assurdo», aggiunge la donna che per un solo voto ha perso la poltrona da primo cittadino. «La scorsa primavera l’immagine di Rocca Calascio ha fatto bella mostra di sé in piazza Farnese a Roma, grazie a una maxi-affissione in omaggio a quella che può considerarsi un’icona geografica d’Italia, mentre qui, invece di sfruttare l’onda di ritorno di iniziative del genere, si pensa alle beghe di paese».
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