C.a.s.e. vicino la necropoli di Fossa
La sovrintendente: «Difficile controllare gli interventi sul territorio»
FOSSA. Non potranno certo andare alla Protezione civile a protestare, gli “abitanti” dell’antica necropoli di Fossa, ma anche loro rischiano di vedersi il terreno espropriato per far posto ai nuovi insediamenti. Una delle zone designate per costruire i nuovi moduli abitativi è, infatti, a due passi dalla zona archeologica e dagli scavi per le costruzioni potrebbe uscire materiale interessante. L’allarme è stato lanciato dalla sovrintendente regionale per i Beni Culturali, Anna Maria Reggiani.
L’antichissima area sepolcrale rinvenuta all’inizio degli anni Novanta nella piana alluvionale del fiume Aterno ha subìto dei danni importanti a seguito del terremoto, con parte delle tombe distrutte. La direttrice regionale ha già coordinato due sopralluoghi in zona.
«La nostra direzione», ha spiegato la Reggiani «dovrebbe svolgere una importante funzione di controllo in questo delicato momento della ricostruzione, in un momento in cui bisogna intervenire con i bisturi sul territorio». Un controllo che invece sembra sfuggire di mano dall’ente: la Direzione regionale fa capo attualmente al Dipartimento di comando e controllo (Dicomac) che si trova all’interno della Scuola della Finanza, ma ora rischia di essere sfrattata.
Nel pomeriggio di sabato, dopo aver partecipato alla Conferenza di servizio istituita per avviare l’allargamento dell’aeroporto di Preturo e per la costruzione dei nuovi moduli abitativi, la direttrice Reggiani ha incontrato il commissario Luciano Marchetti che le ha comunicato la decisione di chiudere la “Funzione 15”. Costituita da tecnici e dipendenti della Direzione e delle Soprintendenze abruzzesi, questa Funzione si occupa della supervisione dei lavori di ricostruzione. «I motivi alla base del provvedimento», ha spiegato la direttrice «secondo quanto mi è stato comunicato, sarebbero legati sostanzialmente all’organizzazione del personale, ma questo non giustifica una decisione che arriva in un momento molto delicato per l’avvio di importanti infrastrutture a servizio della popolazione aquilana, in cui la direzione regionale è stata chiamata ad avere, tra le altre funzioni, il suo ruolo istituzionale di raccordo e di verifica tra le Soprintendenze per i Beni architettonici e paesaggistici e per i Beni archeologici». L’indicazione è quella di avere persone esperte che conoscono l’area.
L’alternativa sarebbe trasferire l’ufficio nella sede operativa di Celano. «Ma sarebbe tutto più complicato», spiega la Reggiani. «Il commissario deve assicurarci una soluzione logistica per permetterci di continuare a lavorare all’Aquila. Dobbiamo restare qui almeno sino al G8».
E intanto è emergenza sulla manutenzione della necropoli italica – che risale al IX secolo avanti Cristo – con buona parte delle tombe e delle costruzioni da rimettere in sesto. Timori in tal senso erano stati espressi dall’archeologo romano Vincenzo D’Ercole già nelle prime ore dopo la scossa del 6 aprile. Sono rimaste però in piedi le colonne di roccia che sono valse alla zona il titolo di «Stonhenge d’Abruzzo». (fab.i.)