Di Cioccio, non era scontato il feeling tra Pfm e De André
“Quando leggi cose come quelle che scriveva Fabrizio e pensi a un gruppo come il nostro, l’abbinamento è tutt’altro che scontato. In pochi all’epoca credevano che questo sodalizio artistico avesse un senso. Effettivamente non fu un sfida facile per noi, d’altra parte, un abruzzese come me le cose le affronta fino in fondo”. Se uno come Franz Di Cioccio dice queste cose, le dice con cognizione di causa, se non altro per la sua capacità di passare dall’inflessione meneghina alla parlata tipica dell’Abruzzo centrale nello spazio di una semibiscroma.
Nato a Pratola Peligna nel 1946, dopo aver trascorso l’infanzia nel paese natìo, insieme alla madre ha raggiunto il padre che lavorava a Milano e che suonava l’oboe. Crescendo in Lombardia è poi diventato batterista eclettico e frontman della Premiata Forneria Marconi, band dagli arrangiamenti in grado di combinare la potenza espressiva della musica rock, progressive e classica in un’unica entità affascinante.
Quarantacinque anni dopo il tour “Fabrizio De André e Pfm in concerto”, la prog band torna sui palchi di tutta Italia con “Pfm canta De André Anniversary”, un tour per celebrare il fortunato sodalizio con il grande cantautore genovese e riproporre una serie di concerti dedicati a quell’evento. Per rinnovare l’abbraccio fra il rock e la poesia, alla scaletta originale sono stati aggiunti anche brani tratti da “La Buona Novella”, completamente rivisitati dalla band. Appuntamento sabato al Teatro Massimo di Pescara alle 21. Sul palco anche tre ospiti d’eccezione: Flavio Premoli (fondatore Pfm) con l’inconfondibile magia delle sue tastiere, Michele Ascolese, chitarrista storico di Faber e Luca Zabbini, leader dei Barock Project. Il cantautore genovese si è sempre mostrato entusiasta di questo connubio artistico. “La nostra tournée”, si è trovato a ricordare, “è stata il primo esempio di collaborazione tra due modi completamente diversi di concepire e eseguire le canzoni. Un’esperienza irripetibile perché Pfm non era un’accolita di ottimi musicisti riuniti per l’occasione, ma un gruppo con una storia importante, che ha modificato il corso della musica italiana. Ecco, un giorno hanno preso tutto questo e l’hanno messo al mio servizio…”.
Di Cioccio, che vuol dire “mettersi al servizio” di un cantautore come Fabrizio De André?
Un’esperienza importante, particolare. La sua forza espressiva poetica è incredibile e in molti pensavano che i nostri arrangiamenti eclissassero in qualche modo la sua presenza vocale. Del resto, nel leggere strofe come ‘Evaporato in una nuvola rossa / In una delle molte feritoie della notte / Con un bisogno d’attenzione e d’amore / Troppo, se mi vuoi bene piangi / Per essere corrisposti’ (L’incipit di Amico fragile nda) si ha quasi paura di sovrapporsi al cantato. Abbiamo fatto un lavoro importante lavorando sulla dinamica delle canzoni, per dar risalto alla linea vocale. Siamo così riusciti a trovare un afflato artistico, un valore aggiunto dal punto di vista letterario musicale.
In qualche modo, Faber è sempre stato musicalmente in sintonia con quello che avete costruito intorno a lui. In scaletta anche dei brani dalla Buona Novella, si tratta di esperimenti attuali?
In realtà abbiamo cercato sin dai nostri primi concerti insieme dei giusti suoni per quel tipo di canzoni, come Maria nella bottega del falegname, quando ad esempio dice: ‘Falegname col martello, perché fai den den?’, quel ‘den, den’ bisogna capire come farlo. Sono storie da raccontare e noi siamo abituati a farlo attraverso la nostra musica come in I Dreamed of Electric Sheep – Ho sognato pecore elettriche.
Cosa pensa della musica attuale, a partire dalla vetrina Sanremo?
Non l’ho guardato molto, specie se non c’è un artista che mi acchiappa. Stavolta non è semplicemente capitato, perché eravamo in giro a suonare.