Il saltarello attraversa generi, territori e confini
È capitato qualche volta che lo storico aquilano Raffaele Colapietra si sia trovato ad esprimere la difficoltà nel definire un’identità abruzzese. Per quanto relativamente piccola, questa regione dell’Italia centrale esprime vocazioni, visuali e prospettive diverse. Alcune città guardano verso la costa, altre verso Roma.
“L’abruzzesismo inconscio” è solo un mito dell’estro creativo di Maccio Capatonda. Per il resto, ci si rifugia dietro a simboli identitari come, il ddu bbotte, le ceramiche, gli arrosticini e la genziana. Il saltarello potrebbe rientrare in questa categoria, anche se – come ballo tipico – accomuna più aree dell’Italia centrale, in modo particolare Lazio, Marche, Umbria, Toscana, Molise e Abruzzo.
La nostra storia parte da qui, dal tentativo di valorizzare e rendere accessibile la tradizione del saltarello abruzzese a quante più persone possibile. Per farlo, bisogna ridisegnare i confini, aprendo a contaminazioni, nella musica, nel ritmo e nel ballo. “Seguire una tradizione vuol dire anche ‘tradire’, riscrivere qualcosa che già esiste, prendersi delle responsabilità. E qui entriamo in gioco noi, con ‘Abruzzo’”.
Parliamo dell’album d’esordio dell’Orchestra Popolare del Saltarello, un progetto discografico che si propone, appunto, di donare alla tradizione musicale abruzzese una veste inedita, moderna e innovativa.
“Abruzzo” è un disco composto da otto brani che fanno parte del repertorio tradizionale abruzzese, rielaborati in chiave inedita in maniera tale da potergli donare una veste fresca, capace di catturare l’attenzione di un pubblico sempre più eterogeneo e vasto.
I brani sono caratterizzati da contaminazioni di genere che si riflettono in ciascuna esecuzione, dando così vita a tracce che presentano influenze provenienti dal mondo jazz, funk, rap, balkan, pop ed elettronico. I brani vengono eseguiti ed interpretati da un organico formato da undici musicisti e uno straordinario corpo di ballo che per l’ascoltatore fungono da compagni lungo il viaggio per le vie della tradizione musicale abruzzese.
Gli arrangiamenti, realizzati ad opera di Danilo Di Paolonicola, personalità di spicco tra i migliori fisarmonicisti e organettisti del panorama internazionale, sono eseguiti dallo stesso Di Paolonicola (fisarmonica, organetto), Alessandro Tarquini (violino), Manuel D’Armi (zampogna, ciaramella), Gionni Di Clemente (chitarra, bouzouki), Marco Di Natale (basso), Alex Paolini (batteria), Armando Rotilio (voce, percussioni), Antonella Gentile (voce), Alessandra Ventura (voce), Anissa Gouizi (voce), Federica Di Stefano (voce) e Alpha Sall (voce).
L’album è impreziosito dai contributi musicali di Mauro Baiocco (flauto in “Vola Vola Vola”), Alessandro Nosenzo (chitarra in “Addije, Addije Amore”), Emanuela Donati (voce in “Vola Vola Vola”).
L’Orchestra Popolare del Saltarello propone un repertorio di brani popolari abruzzesi eseguito ed interpretato da un organico formato da undici musicisti e un coinvolgente corpo di ballo.
Di Paolonicola, parliamo del progetto.
La nostra orchestra nasce da un’operazione di ricerca e rivalutazione della musica popolare abruzzese. Di fatto, si occupa di tradurre in musica e suggestioni quello che fu il percorso degli antichi tratturi, lungo cui si è sviluppato e propagato il saltarello abruzzese.
Una ricerca che apre alla sperimentazione, un tentativo che fa un po’ pensare agli esperimenti condotti da progetti come il Canzoniere Grecanico Salentino. Non trova?
A onor del vero, il nostro progetto guarda proprio a una serie di iniziative sulla scia dell’Orchestra popolare Notte della Taranta. Una sinergia cresciuta intorno alle suggestioni della musica salentina. Piacerebbe anche a noi, promuovere un festival con un’orchestra residente. Quello del Canzoniere è un lavoro che va anche oltre, si sperimenta una commistione di genere, avendo alle spalle una tradizione ben consolidata. Peraltro, parte del repertorio del Canzoniere funziona in studio, ma non è sempre facile inserirlo in scaletta live.
Anche i vostri brani, comunque, non rinunciano alla sperimentazione
I generi musicali da cui attingiamo sono diversi, anche funk, reggaeton, pop. Pizzica e tammuriata non fanno eccezione, si faccia caso a pezzi come ‘Addije, Addije Amore’, o ‘La Jerv’a lu Cannet’. Ma l’aspetto più interessante della sperimentazione è legato al fatto di saper aprire il Saltarello a un gusto più popolare, rendendo le canzoni più ballabili e coinvolgenti.
Il vostro è un tentativo di esportare il saltarello ben fuori dall’Abruzzo o dall’Italia centrale?
Innanzitutto stiamo cercando di restituire la giusta attenzione alla musica popolare così come allo studio della stessa. Al conservatorio dove insegno, ad esempio (il Casella dell’Aquila ndr.), è stato attivato un corso di musica popolare e folkloristica. Inoltre, abbiamo portato avanti collaborazioni con nomi importanti, come Teresa De Sio, Antonella Ruggiero, viaggiando e suonando per quello che si può.
Quali sono i progetti nell’immediato futuro?
Stiamo lavorando a delle date estive e ci piacerebbe realizzare due iniziative strutturate a Castelvecchio Subequo (L’Aquila) e nel capoluogo, magari collegando la nostra musica a cultura e rituali legati alla transumanza. Proprio in tal senso, stiamo pensando a un grande Festival con ospiti e la nostra orchestra residente.