Sapori balcanici e mediorientali per la fine del Ramadan
“Fiter Bajram”, la fatica è ormai alle spalle. L’alba di questa mattina ha richiamato musulmani nelle piazze e nelle moschee di tutto il mondo per festeggiare la fine del Ramadan. Id al Fitr. La certezza che sarebbe stata nella mattinata di venerdì si è avuta solo nelle ultime ore del giorno precedente, dopo l’avvistamento della nuova luna in Arabia Saudita. Una giornata importante per ogni singola comunità locale.
In Abruzzo vive l’1,7% dei musulmani presenti in Italia, un migliaio solo all’Aquila dove esistono due luoghi di culto, uno a servizio della comunità marocchina ed egiziana nella parte a ovest della città e l’altro, più attivo e strutturato, gestito dalla comunità macedone-albanese a Bazzano.
Centinaia di persone si sono ritrovate nella sala adibita al culto e ricavata da un capannone del nucleo industriale.
Alle 6,15 in punto la preghiera nella struttura coordinata dal Centro culturale islamico Xhamia Drita. Presidente di questo sodalizio, Aljii Mirsadin, 47enne di origine macedone, componente del tavolo interreligioso della prefettura.
Giorni fa, insieme all’Imam Andulai Djemaledin, ha presentato agli enti locali la richiesta di contributi per la realizzazione di un luogo di culto. Alla preghiera finale anche l’ex consigliere straniero aggiunto al Comune dell’Aquila, Nezir Dakaj.
Sapori balcanici nella speciale colazione con dolci tipici per celebrare il Bajram.
Una data importante in cui ci si scambiano gli auguri e ci si ritrova fra parenti e amici.
Sulla tavola non è mancato il Bakllav, il dolce mediorientale per eccellenza, di probabile origine turca o greca (è conosciuto con tanti nomi a partire da “Baklava”) ma poi ripreso in Kosovo, Albania e Macedonia.
Parliamo di un dolce complesso e stratificato, di sottili sfoglie di pasta filo, proprio come foglie o fogli di carta, imburrate e appoggiate in una teglia: noci tritate più o meno finemente, assieme a pistacchi, vengono sparse sui vari strati, che vengono poi arrotolati e cotti al forno, prima di essere imbevuti con una soluzione di zucchero e succo di limone o miele e spezie con acqua di rose.
Nella tradizione greca e albanese il Baklava viene tagliato in triangoli, quadrati o rettangoli e servito ma non in abbondanza in quanto è veramente ricco di calorie.
Tanti nomi per altrettante varianti, ma una cosa in comune: una dolcezza inconfondibile (e talvolta eccessiva) per i palati nostrani.
Oltre mille anni di storia: il dolce ottomano la cui ricetta è stata tramandata nei secoli probabilmente discendeva da un simile piatto bizantino (greco dunque) a base di miele e noci, che però era ancora privo di pasta.
Se però vogliamo mescolare le carte ancora un po’, c’è chi riscontra una sorta di antica Baklava nella ricetta cinese del Güllach risalente al 1330: un dolce a base di strati di pasta filo sovrapposti e bagnati uno ad uno in latte riscaldato con lo zucchero che esiste ancora nella cucina turca.
Sulle tavolate della colazione anche le Sheqerpare: palline dolci di pasta cotte al forno nel burro, molto diffuse in Kosovo e in Albania.
E poi il Trilece: la provenienza di questo piatto è difficile da individuare.
Si suppone sia originario dell’America latina e il suo nome (tres–leches), sia dovuto alla presenza di tre tipi di latte nella sua preparazione.
Si è visto anche lo Shendetlie, il dolce albanese al miele.
Non solo le lingue e i credo religiosi, ma anche le tradizioni culinarie sono a testimoniare lo scambio continuo tra civiltà e civiltà.