Io non c’ero, storytelling alternativo del post-sisma
C’è uno storytelling alternativo a fare da diario in anni così controversi come quelli di una città che conta ancora le ferite del sisma. Un racconto fatto di musica (Nick Drake, Clash o Depeche Mode tra gli altri), amicizia, amore, rugby, programmi radiofonici. “Io non c’ero” è tutto questo, ma anche di più. Il libro d’esordio di Giuseppe Tomei si ascrive all’universo del suo autore, aquilano purosangue, scrittore e speaker alla radio. Domenica, alle 20, ci sarà la presentazione del volume in una cena evento all’Irish cafè dell’Aquila (via Mausonia per Pianola). Proprio quel giorno il libro è in uscita per la casa editrice indipendente trentina, Aurora edizioni.
Un viaggio in avanti, fatto con la testa rivolta all’indietro, almeno fino a quando non si ha la forza di tagliare le corde del passato. “Quando poi pian piano il tempo è tornato a farci sentire utili agli altri e a noi stessi”, scrive Tomei, “è come se ci fosse rimasta dentro una sorta di dipendenza, non riusciamo ormai a farne a meno, contiamo tutti i giorni il tempo passato ignorando quello che ci resta”.
Classe 1971, attivo dal 1998 nel panorama letterario, teatrale e radiofonico aquilano. Per citare solo alcuni suoi lavori: nel 1998 pubblica “1848, una storia preturese” insieme ad Agostino Ciccarella, libro-indagine; nel 2012 scrive e sceneggia la webserie “Consonanti”, per la regia di Francesco Paolucci, interpretata da Luca Serani; nel 2016 è autore di “Rigenerazione”, atto unico interpretato da Simona D’Angeli e Giancarlo Curio con le musiche di Domenico Capanna e Giovanni D’Eramo, rappresentato presso l’Auditorium del Parco di L’Aquila.
Nel 2017 scrive e dirige “Donna e Dama”, rappresentato nell’ambito del cartellone delle Perdonanza Celestiniana; dal 2017 è gestore e co-responsabile di SpazioRimediato, teatro off e polo culturale in L’Aquila, all’interno del quale organizza spettacoli teatrali, concerti ed attività formative rivolte ad adulti e bambini.
Tomei ha curato la stesura e firmato la presentazione di Lithium 48.
– Qui, un quarto di secolo fa, il tempo si è fermato per un bel po’ e nessuno sapeva come, quando e se sarebbe tornato a scorrere normalmente. Tutto era come staccato dal resto del mondo, in città distanti non più di un’ora di macchina le ore passavano ancora allo stesso modo, la mattina le sveglie suonavano e le persone andavano a lavorare, gli studenti andavano a scuola, gli operai nelle fabbriche…gli autobus arrivavano dove dovevano arrivare, magari in ritardo ma arrivavano. Ti annoio?
– No, fa cenno Federico, anche se ancora non mi dici chi sei e cosa cazzo vuoi da me, pensa.
– Le cose normali, le frasi di tutti i giorni, non avevano più senso: “è ora di colazione”, “fra dieci minuti ho un colloquio di lavoro”, “non vedo l’ora che arrivi la mia amante”,…non vedo l’ora…qui nessuno guardava nemmeno più l’orologio. Non avevamo “il tempo” a dirci cosa fare, si aspettava semplicemente che scendesse la notte, che facesse buio, spesso ubriachi, ridendo a voce alta, come per dimostrare che non avevamo paura o almeno che non ne avevamo più ma era una bugia, lo sapevamo e lo sapeva anche il buio.
Una bugia se urlata a squarciagola non acquista maggiore credibilità.
– Quando poi pian piano il tempo è tornato a farci sentire utili agli altri e a noi stessi, è come se ci fosse rimasta dentro una sorta di dipendenza, non riusciamo ormai a farne a meno, contiamo tutti i giorni il tempo passato ignorando quello che ci resta.