Black mirror, riflesso tridimensionale della realtà
di Michele Mezza – Kevin Spacey, il protagonista principe di House of Cards, dove interpreta il ruolo di un presidente americano cinico e dissoluto, con esibite pratiche omosessuali, si dichiara colpevole dell’accusa di aver molestato un adolescente 30 anni fa. La vittima, per altro, è ora diventato un collega di Spacey, un attore di serial di successo, come Star Treck. Al di là delle ovvie considerazioni d’ordine etico e comportamentale, balza con evidenza agli occhi una circostanza che ci porta a rileggere con attenzione e maggiore capacità analitica questo straordinario fenomeno di produzione di senso che sono appunto ormai i serial.
La coincidenza fra il profilo morale di Spacey, per altro di lunga maturazione, e il personaggio che è stato chiamato a interpretare, una coincidenza assoluta e dettagliata, che aderisce a ogni anfratto della personalità del presidente americano interpretato dall’attore non può non portarci a valutare i modi e i contenuti della selezione che ha portato alla scelta di Spacey. Il verismo, la somiglianza, ancora di più, l’assoluta corrispondenza fra i due profili, reale e virtuale, ci spingono ad allargare il quadro: personaggi e contenuti di queste serie da voe e come sono semanticamente elaborati? Se proviamo a entrare nel merito possiamo constatare, per esempio, come una seria tipo Homeland, di tema fantapolitico, come si diceva una volta, si trovi improvvisamente a raccontare la cronaca di relazioni e dinamiche che poi ritroviamo nei reportage degli inviati specializzati. L’accordo sul nucleare fra Stati Uniti e Iran, le possibili collusioni e complicità fra Teheran e la Corea del nord, il gioco delle lobbie filo cinesi in seno all’amministrazione americana, l’emergere di una destra che vuole liberarsi dal giogo della Silicon Valley, sono tutti spunti e concept delle sceneggiature delle varie edizioni di quel serial.
Così per esempio il mitico Black Mirror, la serie fantascientifica, di sapore orwelliano, che pensavamo raccontarci scenari esasperati di controllo tecnologico del mondo, scopriamo in questi giorni non essere altro che una pallida anticipazione di quanto deciso dal vertice cinese circa l’attuazione di un sistema di anagrafe digitale delle emozioni e dei comportamenti dell’intera popolazione. La realtà supera la fantasia? Diciamo, più concretamente, che la fantasia cerca di diluire la realtà. Non è certo una novità che l’immaginario sia sede di strategia per rendere accettabile e biodegradabile aspetti della verità che altrimenti produrrebbero schock sociali non recintabili. Negli anni ’50 sulle paura della bomba, e successivamente sul gioco dei poteri economici e politici, sono stati prodotti capolavori di film che poi abbiamo ritrovato nelle rivelazioni postume. Valga per tutti i tre giorni del condor, di Sidney Pollack del 1975, qualche anno dopo il Watergate, fu una delle pellicole che anticipava l’intera questione della doppia Cia che ci venne poi rivelata dagli scandali Iran/Contra del colonnello North.
Ma ora la velocità e quantità di produzione della filiera dei serial ha accorciato clamorosamente i tempi. Non si decritta la storia, ma si anticipa e decifra la cronaca. Le sceneggiature diventano direttamente reportage, sede di inchieste vere e proprie, che aprono scenari che la stampa e la tv generalista non riesce più a raccontare.
Non a caso il 19° congresso del partito comunista cinese, per la prima volta ha accolto come categoria di iniziativa politica del paese il concetto di soft power. Si tratta di una strategia, spiegano i cinesi, che deve contestare proprio il primato americano sullo story telling del mondo. È l’altra faccia del bit coin, la moneta virtuale basata sul blockchaine, una catena reticolare apparentemente ingovernabile. I due strumenti, uso della rete per determinare il valore monetario e il senso comune delle opinioni si stanno affermando come i nuovi arsenali in base ai quali si misurano le potenze degli stati.
La potenza di calcolo e il potere del racconto entrano in competizione e diventano le categorie della competizione globale. L’accellerazione dei racconti, con l’esplosione delle Tv streaming affiancherà al dibattito politologico la semantica della narrazione. Chi decide dovrà inevitabilmente sapere come raccontare le proprie decisioni. O decidere solo cose che potranno essere raccontare con successo.+