La raccolta delle olive in Abruzzo, tra aziende e fai da te
Il segreto è tutto lì: tirare fino alla sirena di una vicina industria che suona alle 12 in punto, perché sai che di lì a poco si mangerà. Cassette di plastica a fare da tavolo e una scala di alluminio al posto delle sedie. Un menù improvvisato a base di timballo, pane e frittata, mandarini e poco altro; ma con la fame che viene dopo aver buttato giù olive per ore mangeresti di tutto.
È sempre la sirena delle 12 a scandire i tempi dalle parti di Capodacqua. Perché dal caffè del mattino preso a uno dei bar vicino alle pompe di benzina al momento del pranzo non succede molto altro, a parte qualche sparo qua e là dei cacciatori a valle e qualche canzonetta popolare per passare tempo.
Tra una rastrellata e l’altra si è soli con i propri pensieri e la cosa, talvolta, non è poi tanto male, specie per i tanti olivicoltori fai da te che in questo periodo affollano le terre.
Che sia per passione o per tradizione, centinaia di persone si cimentano nella raccolta in varie parti d’Abruzzo, da Capodacqua a Miglianico, da Navelli a Castiglione a Casauria. Operai, impiegati, professionisti colgono le olive per la produzione domestica. Facciamo due conti: se una famiglia possiede una settantina di piante ha una aspettativa stagionale di 6-7 quintali di olive.
Una volta al frantoio, ogni quintale ha una resa di 20 litri di olio, almeno se si separano bene le palme prima della spremitura.
Quindi, bottiglioni alla mano, si torna a casa con poco meno di 140 litri da dividere con tutti quelli che hanno dato una mano alla causa.
Certo, quest’anno, i rischi stagionali sono diversi, tra siccità e gelate improvvise nell’arco della primavera scorsa.
LA STAGIONE
La Coliretti Abruzzo stima rischi di perdite potenziali fino a metà della produzione d’olio, a fronte di una qualità che resta comunque eccellente. Rispetto alle previsioni di un mese fa, le piogge autunnali sembrano aver leggermente migliorato la situazione, ma il raccolto sarà comunque notevolmente ridotto, pur se leggermente sopra i livelli del 2016.
La siccità estiva rappresenta forse la problematica principale: in Abruzzo la stragrande maggioranza degli ettari coltivati non è dotata infatti di impianti di irrigazione, per cui il caldo e la mancanza di pioggia hanno causato la caduta prematura delle olive e impedito la crescita dei frutti.
Secondo Coldiretti la perdita di produzione avrà una forte ripercussione in termini economici riportando l’attenzione sull’importanza di un comparto che, in Abruzzo, conta oltre 5 milioni di piante (circa un milione sono state spazzate vie dalla neve combinata alle scosse del sisma lo scorso gennaio) su circa 46mila ettari che rappresentano circa il 50% della superficie agricola arborea utilizzata, un totale di circa 60mila aziende di cui 15mila che coltivano prevalentemente olivo, oltre 350 frantoi e tre Dop presenti nelle province di Chieti (colline Teatine), Pescara (Aprutino Pescarese) e Teramo (Pretuziano delle colline teramane).
Numeri importanti che fanno i conti con una realtà aziendale variegata, che oscilla da una minoranza di imprese specializzate alle aziende a conduzione familiare fino ad arrivare ai numerosissimi “agricoltori della domenica” che si limitano a raccogliere i frutti della terra senza investimenti o lavorazioni del caso (il 75% delle aziende in Abruzzo è di piccole dimensioni).
La situazione varia considerevolmente da provincia a provincia e da zona a zona.
Per fortuna, non tutte le aree registrano difficoltà così evidenti. Certo è che talvolta è anche la cura che si riserva al terreno e alle singole piante a far la differenza, con vari interventi stagionali a scandire il passo di avvicinamento verso il periodo di raccolta.