Lithium 48, la réalité n’existe pas
Sui poster un autobus blu e una scritta bianca: keep on riding. Se c’è una cosa che mi lascia pensare è la velocità con cui appaiono e scompaiono i messaggi pubblicitari intorno a me. Come nel libro di Frederik Pohl, quei pannelli pubblicitari sembrano “la porta di un tunnel sotto il mondo”, l’ingranaggio della realtà in cui viviamo, o almeno la realtà percepita che, secondo qualcuno, non è più di un’illusione. Philip Dick è stato tra gli scrittori più efficaci nel formulare una teoria di questo tipo, qualcosa che assomiglia un po’ al film Matrix: ciò che sentiamo materiale – tangibilmente reale – potrebbe essere il frutto illusorio della interazione della “coscienza” con una infinita serie di impulsi lumino-elettrici-informatici in un ambiente ignoto.
Ho ancora nel cassetto un articolo su questo tema. C’è chi sostiene che ci muoviamo in una realtà programmata al computer; l’unico modo per rendersene conto è concentrarsi sulle alterazioni. Potremmo, ad esempio, avere l’impressione di vivere qualche deja vu, con un presente che si ripropone allo stesso modo: sentiamo le stesse parole, diciamo le stesse cose. Per gente come Dick, questo sarebbe un indizio che, in un qualche punto del passato, una variabile sia stata modificata, riprogrammata, dando vita a un mondo alternativo. (Dal libro Lithium 48)