D’Alema in Abruzzo, assenti i big del Pd
L’abbraccio con Giovanni Lolli a palazzo Fibbioni, la visita alla vecchia sede di via Paganica, la cui insegna era passata nell’arco di qualche anno da Pci a Ds e infine a Pd, prima che l’immobile finisse nell’elenco dei palazzi da recuperare dai danni del sisma. Il giro in centro, insieme al sindaco Massimo Cialente, prima di raggiungere l’auditorium dell’Ance per dare la benedizione al neonato comitato “Scelgo no L’Aquila – Centrosinistra per il no”.
Massimo D’Alema ha fatto all’Aquila la prima delle sue due tappe abruzzesi del suo tour dedicato al referendum costituzionale (l’altra a Pescara). «Il mio “No” è convinto e coerente con tutto quello in cui ho creduto in questi anni. Per molto tempo abbiamo criticato Berlusconi e il “berlusconismo”, salvo poi trovare in Renzi e in questo governo un atteggiamento di continuità. Se vince il “Sì”, lo scenario è quello descritto da Denis Verdini che qualche giorno fa si è detto pronto a entrare nel governo. Penso che una parte del Pd non si riconoscerebbe nel partito di Cicchitto e di Verdini. Sono contrario al progetto di un “partito della nazione” che farebbe virare l’orientamento del Pd verso posizioni che non appartengono alla sinistra».
Quindi l’affondo nel merito della riforma. «Si tratta di modifiche non efficaci», ha valutato, «che qualsiasi costituzionalista ha bocciato in quanto non è vero che andiamo verso un’evoluzione confusa del bicameralismo che non serve affatto a rendere più rapida l’approvazione delle leggi». D’Alema ha ricordato il precedente progetto di riforma della Bicamerale che a suo tempo fu frenato da Berlusconi. «Si prevedeva il riordino al fine di arrivare a potenziare Autonomie, Regioni e Parlamento. Tutto sommato era un progetto che dava più poteri ai cittadini». Perché, a suo dire, la forza del “No” sta nel sostegno alla partecipazione. «I cittadini aquilani meglio di altri», ha rimarcato, «hanno capito sulla propria pelle quanto sia importante la partecipazione, specie all’indomani del terremoto. I governi hanno avuto il merito di dare i soldi, certamente, senza i soldi che sono arrivati dai governi nazionali sarebbe stato impossibile. Però se ne è fatto un uso intelligente – perché quel progetto iniziale della città-bis, dell’abbandono, era veramente un progetto sbagliato e squallido – lo si deve alla forza propositiva di tanta gente che si è esposta in prima persona. Il pericolo è che con la vittoria del “si” tutto finisca nelle mani di una sola persona».
E questo lo ha detto parlando davanti alla sala gremita dell’Ance, accanto a Fabio Ranieri, pronto a lasciare il suo incarico di presidente provinciale Pd, «per lavorare in questo comitato del “no” con serenità». In prima fila anche il presidente del Consiglio, Carlo Benedetti e il vicesindaco, Nicola Trifuoggi. Troppo presto, forse, per parlare di scenari in virtù dell’esito del referendum, ma è singolare la presenza di alcuni assessori (Piero Di Stefano, Betty Leone e Fabio Pelini) così come l’assenza di altri. A dare man forte al “No” gli esponenti locali di Sinistra italiana e Rifondazione, rispettivamente Giustino Masciocco ed Enrico Perilli perché forse L’Aquila è una delle poche città in cui il centrosinistra è compatto stile vecchio ulivo. «La minoranza del Pd dovrebbe forse agire con più coerenza», ha valutato Trifuoggi, «per dar vita a un’alternativa solida». Debora Serpetti ha parlato a nome di tanti studenti contrari alla riforma e Fulvio Angelini (Anpi) ha ripercorso le tappe storiche dell’assemblea costituente.