Accumoli, tra gli sfollati in tendopoli: non dimenticateci qui
«È vietato giocare a palla, saltare sul fieno, salire sugli alberi, ridere a crepapelle, sporcarsi, giocare con l’acqua, andare nelle pozzanghere. Illica ti amiamo». L’ironia spensierata che aveva spinto i ragazzi della piccolo frazione di Accumoli a mettere uno striscione al centro della piazza con queste parole si è rivelata fin troppo profetica. Ora, quello striscione bianco svolazza sulle macerie. Pareti in frantumi, travi divelte, vestiti, oggetti personali e pupazzi di peluche che spuntano nel mucchio. Sulla piazza non c’è nessuno, tranne un gruppo di vigili del fuoco. All’ Aquila c’è voluto poco per ribattezzarli “gli angeli del terremoto”, e sarà lo stesso qui. Stringendo i denti anche loro per le scosse che si susseguono, una piccola squadra di Terni continua a lavorare senza sosta all’interno di un’abitazione semidistrutta. Una sola missione: recuperare abiti e libri per la coppia che vi abitava. Poco più avanti una casa crollata è stata completamente circoscritta da avvisi di “Pericolo fuga di gas” posti dagli agenti del Corpo forestale. Non molto distante è stata allestita una delle tendopoli della zona.
Prima L’Aquila, poi Cavezzo e i paesi dell’Emilia. Ora Amatrice, Accumoli e gli altri Comuni dell’Alta Valle dell’Aterno sconquassata dal terremoto: la Protezione civile abruzzese è ormai tristemente all’avanguardia nella preparazione in tempi rapidi ed efficienti di una tendopoli perfettamente attrezzata. Così nel Comune di Accumoli allestire in tempi record alcuni campi, il più grande nella frazione di Grisciano, mentre un altro, più piccolino a Campo di Fano, per 100-180 posti in tutto almeno in questa fase iniziale (le tende pneumatiche a disposizione del contingente abruzzese possono ospitare fino a 310 persone), è stata un’operazione relativamente facile. Tutto questo, in ogni caso, tra varie difficoltà logistiche e nel contesto drammatico di una popolazione da assistere, curare, abbracciare.
Tuttavia le difficoltà non mancano: «Abbiamo il problema logistico degli spazi, non c’è uno spazio grande dove ospitare, per esempio, 300 persone tutte insieme come si è potuto fare all’Aquila o in Emilia», spiega il responsabile operativo di turno Giampiero Antonetti, «sono tutte piccole aree entro cui dobbiamo dividere e, nello stesso tempo tenere unite, le persone. Se avessimo avuto uno spazio grande, come ad esempio un campo sportivo, a quest’ora sarebbe stato tutto già pronto».
Al lavoro ci sono 60 volontari oltre al personale della Regione Abruzzo, in contatto diretto con la Sala operativa di base all’Aquila e con gli altri enti necessari come Enel o i servizi acquedottistici per gli scarichi. «Stiamo cercando di convincere le persone che dormono in macchina sotto la propria casa, ad avvicinarsi al campo», aggiunge Antonetti, «dove possono avere più servizi, comodità, un pasto caldo e assistenza sanitaria». In mancanza di un luogo ampio, gli uomini della Protezione civile abruzzese hanno trovato una soluzione funzionale: da una parte il campo con la base operativa e le tende per la notte e i servizi igienici, poche decine di metri distante la “zona mensa”. È lì, tra un pasto fugace e un abbraccio, che si accavallano i ricordi di una notte da incubo. «Sono riuscita a uscire giusto in tempo prima di vedere la facciata della mia casa sgretolarsi», spiega Bruna Totonelli, pensionata romana trasferita da tempo ad Accumoli al giornalista di una televisione australiana. «Sono stata fortunata ma adesso ho paura. Quanto tempo resteremo nelle tende? Qui la notte fa freddo, magari nei prossimi giorni arriverà qualcosa per scaldarci, ma l’autunno è alle porte».
Ricercatori dell’Ingv presidiano la zona alla ricerca di indicazioni utili a uno studio sistematico. «Gran parte delle case di questa zona sono inagibili», commenta Danilo Rendina, «questa zona rischia di restare disabitata a lungo». Suo figlio cerca di ricostruire gli istanti immediatamente successivi della scossa. Negli altri piccoli borghi l’atmosfera è la stessa. Volti in lacrime, sguardi nel vuoto. «Futuro? In questo momento non c’è futuro», dice una signora seduta su una sedia di plastica davanti alla sua abitazione nella frazione di Campo di Fano, al riparo dal sole grazie a un ombrellone da spiaggia. «Vediamo solo nero, non c’è una casa, non c’è un lavoro: Amatrice, dove io lavoravo, è stata spazzata via. Abbiamo addosso un jeans e una maglietta, null’altro. Resta soltanto paura».
Fonte: il Centro